Dietro le quinte del potere: Mariano Rumor, il Presidente silenzioso con la politica nel sangue

  Dopo aver esplorato la figura del "grande tessitore" Aldo Moro, oggi ci spostiamo su un protagonista meno vistoso, ma altrettanto decisivo nella storia politica italiana: Mariano Rumor. Se non vi suona immediatamente familiare, non preoccupatevi, perché Rumor non era certo il tipo da rubare la scena con gesti teatrali o discorsi roboanti. Era piuttosto un uomo di sostanza, abituato a lavorare nell’ombra, con quella discrezione tipica dei politici che fanno del pragmatismo la loro principale arma. 

  Mariano Rumor era l’esatto opposto di quei leader carismatici che puntano tutto sull’immagine. Nato nel 1915 a Vicenza, cominciò la sua carriera politica all'interno della Democrazia Cristiana, emergendo come figura chiave soprattutto negli anni '50. Rumor era un uomo che sapeva aspettare, con un approccio quasi da maratoneta alla politica: paziente, strategico e sempre concentrato sull’obiettivo. Quando nel 1968 fu chiamato a guidare il Paese, lo fece in punta di piedi, senza clamore. Ma come spesso accade in Italia, anche le leadership più pacate finiscono per trovarsi a gestire momenti di grande turbolenza. Mariano Rumor sale alla Presidenza del Consiglio in uno dei momenti più delicati per il Paese: l'Italia è nel pieno del fermento sociale del Sessantotto. I giovani scendono in piazza per chiedere un cambiamento radicale e, a differenza del precedente decennio, la tensione è palpabile. Le università sono occupate, le fabbriche si fermano per scioperi a oltranza, e Rumor, da buon democristiano di vecchio stampo, deve affrontare una sfida che non aveva precedenti. Uomo abituato a trattare con gli equilibri interni della DC, si trova ora di fronte a un movimento di protesta che parla un linguaggio completamente diverso.

  Nonostante ciò, il governo Rumor tenta di mantenere il controllo, senza cadere nella trappola del pugno di ferro. Il suo approccio è dialogante, anche se le condizioni economiche non sono favorevoli: l'inflazione galoppante e il malcontento sociale rendono il suo primo mandato particolarmente complicato. Eppure, il "Presidente silenzioso" riesce a mantenere l’unità, senza mai perdere la calma. Ma se pensate che Mariano Rumor fosse solo un pacificatore, vi sbagliate di grosso. Dentro la DC, Rumor era un vero e proprio equilibrista. Sapeva navigare con abilità tra le diverse correnti del partito, spostandosi tra l’ala più conservatrice e quella più progressista, mantenendo sempre un controllo saldo sulle dinamiche interne. Si racconta che durante una riunione particolarmente accesa con i leader di partito, uno dei suoi collaboratori gli disse: "Ma come fai a stare in piedi in questo caos?" E lui, con il solito tono pacato, rispose: "È come camminare su un filo, ma ho sempre una rete sotto". Rumor era, insomma, un politico che sapeva destreggiarsi tra i mille rivoli della politica italiana senza mai perdere l’equilibrio. Eppure, non era immune alle critiche. 

  C’era chi lo accusava di essere troppo moderato, di non avere abbastanza polso in un periodo storico che richiedeva decisioni forti e immediate. Un altro aspetto interessante di Rumor è che, nonostante fosse Presidente del Consiglio, non cercava mai la ribalta personale. In un periodo in cui molti leader politici amavano mettersi in mostra, lui preferiva lavorare lontano dai riflettori. Persino durante i momenti più critici, come la gestione degli scioperi operai, si muoveva con cautela e discrezione, senza fare dichiarazioni plateali alla stampa. Questa sua calma, però, nascondeva una forte determinazione. Un ex collaboratore racconta che Rumor, durante un acceso confronto in Consiglio dei Ministri, rimase in silenzio per tutta la durata della riunione, salvo poi alzarsi alla fine e dire: "Ora facciamo come dico io". E così fu. Sebbene fosse un uomo schivo, Mariano Rumor aveva una vita privata ricca di interessi. Amava la letteratura e si racconta che nel poco tempo libero che riusciva a ritagliarsi, spesso leggesse romanzi storici. Era anche un appassionato di montagna, e quando riusciva a staccare dalla politica, si rifugiava sulle Dolomiti per lunghe passeggiate solitarie. Si dice che quelle camminate lo aiutassero a riflettere meglio sulle questioni politiche più complesse. Un uomo semplice, che sapeva prendere decisioni difficili con il minimo rumore possibile. 

  Non pensate che con questo primo mandato la carriera di Mariano Rumor sia finita. Lo ritroveremo ancora, con nuove sfide da affrontare e nuovi giochi di potere da gestire. Ma prima, ci sarà un altro protagonista a prendere il centro della scena: Giulio Andreotti, l’uomo che forse più di tutti ha segnato la politica italiana del Novecento. Ma non sarà una passeggiata. Andreotti non è uno che si accontenta, e lo scopriremo molto presto…

Cultura

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