A volte ritornano. E chi meglio di Amintore Fanfani per incarnare questo detto? Se pensavate che con il suo secondo mandato avesse esaurito le cartucce, vi sbagliate. E di grosso. Fanfani non solo ritorna, ma lo fa con lo stesso stile da "grande protagonista" della scena politica italiana, tenendo in pugno le redini del potere con il suo consueto mix di energia, carisma e, diciamocelo, anche un pizzico di egocentrismo. Se nel 1958 lo avevamo visto rimettere in piedi l’Italia con la rinascita economica, questa volta, nel 1960, le cose sono un po’ diverse.
Fanfani sale di nuovo al potere in un momento di estrema tensione politica e sociale. La Democrazia Cristiana è una polveriera di correnti che non riescono a stare insieme neanche in ascensore, e fuori dai palazzi del potere le piazze si fanno sempre più agitate. Ma chi conosce Fanfani sa che non è uno che si lascia spaventare facilmente.
Al contrario, si nutre di queste crisi, tanto che qualcuno comincia a pensare che ci prenda gusto. Se prima era solo “Fanfani il riformista”, adesso è diventato anche il politico che deve saper tenere a bada le piazze infuocate e, nel contempo, i delicati equilibri dentro la sua stessa maggioranza.
Il 1960 è un anno che scotta. Le proteste contro l’apertura del Movimento Sociale Italiano (MSI) a nuove coalizioni travolgono l’Italia come un uragano, con gli scontri di piazza che mettono il governo con le spalle al muro. Il giovane Fanfani che riformava l’edilizia popolare sembra un lontano ricordo: ora si trova a dover scegliere tra il pugno duro e il dialogo, tra la repressione e il compromesso. Come fare per non scontentare nessuno? La verità è che non si può. Il suo governo viene travolto dagli eventi, anche se lui, con la sua solita faccia di bronzo, tiene la barra dritta e prova a traghettare il Paese fuori dalla crisi.
C’è chi lo accusa di essere diventato troppo autoritario, c’è chi invece lo vede come l’unico in grado di tenere la DC in piedi senza farla esplodere. E qui sta il vero talento di Fanfani: riuscire a mantenere quell’equilibrio impossibile tra forze che vorrebbero tutte una cosa diversa, senza mai perdere il controllo. Certo, qualche "pugno sul tavolo" non manca, e il suo stile di governo si fa via via più autoritario, ma se c’è una cosa che non gli si può rimproverare è di essere uno che si fa mettere i piedi in testa.
Ma attenzione: Fanfani non è solo politica e austerità. Si racconta che fosse dotato di un sottile umorismo, spesso tagliente, che usava nei momenti meno attesi.
Durante una riunione con i suoi collaboratori, mentre si discuteva animatamente della tenuta del governo, sembra abbia interrotto una discussione particolarmente accesa con una battuta a sorpresa: "Sapete qual è il problema di questa riunione? Troppi generali, e io sono stanco di fare il soldato!" Il silenzio che ne seguì venne rotto da un coro di risate, ma il messaggio era chiaro: Fanfani comandava, e tutti dovevano accettarlo.
Nonostante la sua abilità nel maneggiare crisi su crisi, questo terzo mandato si concluse in un disastro. Le divisioni interne alla Democrazia Cristiana, le manifestazioni di piazza e il crescente dissenso portarono alla caduta del governo. Ma, come abbiamo già imparato, non è mai davvero finita con Fanfani. Lui è uno di quei politici che sembra avere un'inesauribile scorta di vite politiche, pronte a essere usate al momento giusto.
Fanfani non è ancora alla sua ultima battaglia. Se pensavate che il terzo mandato fosse l'epilogo, preparatevi a rivederlo in azione. L'uomo che non si arrende mai, che riesce a tornare dalle ceneri come una fenice, sarà di nuovo protagonista. Ma prima, il nostro prossimo appuntamento sarà con un nuovo protagonista della politica italiana: Giovanni Leone, alla sua prima esperienza come Presidente del Consiglio. Non mancheranno le sorprese e i colpi di scena. E chissà quali casini lo aspettano...