Un palco prestigioso ed un cantante di successo hanno reso ancor più
importante il ruolo del Canto a Tenore della Sardegna: mi riferisco alla
recente presenza dei Tenores di Bitti “Remunnu ‘e Locu” al Festival di
Sanremo dell’anno 2024; in quell’occasione si sono esibiti duettando
con il bravissimo cantante Mahmood, in un’interessante rilettura della
canzone “Come è profondo il mare” scritta e interpretata negli anni ‘70
dall’indimenticabile Lucio Dalla.
Per quanto sia certamente preziosa
l’esperienza sanremese alla conoscenza del Canto a Tenore, riferito al
vasto pubblico italiano ed estero, altrettanto necessario è dedicare a
questa antica e straordinaria arte canora, alcune righe di “ambito
identitario”, affinché si possa comprendere ulteriormente il valore
culturale della lingua sarda e dello status sociale di “essere Tenores”.
Parlando di Bitti, paese madre dei Tenores “Remunnu ‘e Locu”, molti
non sanno che il repertorio canoro a quattro voci si dispiega su 20
brani di contesto sacro e profano, sia antichi che di recente
introduzione. I canti profani sono distinguibili da quelli sacri per il
contenuto dei testi, ed anche per le dinamiche canore delle 3 voci corali
che accompagnano il solista: queste si esprimono attraverso sillabe
“non sense”, mentre nei canti religiosi eseguono la frase effettiva del
testo scritto.
I canti a 4 voci profani di Bitti possono essere ripartiti in
tre gruppi: a ritmo libero, a ballo, a ritornello. Il primo insieme canoro
profano racchiude “oche ‘e notte” e “isterrita”; il secondo gruppo
comprende “ballu seriu”, “ballu lestru”, “ballu dillu” e “ballu a passu
torratu”, mentre i canti a ritonello includono “muttos” e “andira”. Il
brano “Cunservet Deus su Re” si rifà ad una recente introduzione nel
repertorio profano bittese a quattro voci. I canti sacri che si eseguono a
Bitti, sempre nel contesto della composizione corale a quattro voci,
possiamo ripartirli in tre insiemi tematici: grobbes, natalizi, e di altri
momenti liturgici e paraliturgici. I grobbes (chiamati gosos, gotzos,
goccius, in altre aree sarde) sono riferibili a quelle lodi sulle figure di
Gesù e di Maria, che ne enfatizzano gli aspetti cristologici e
mariologici; in questa unità canora abbiamo prevalentemente:
“Grobbes de Pasca”, “Grobbes de s’Annossata”, “Grobbes de su
Meraculu”. Anche tra i canti natalizi, osserviamo la presenza dei
grobbes, come il “Grobbes de su Nenneddu”; ma troviamo anche le
meravigliose liriche poetiche di “Anghelos cantate”, ordinate in sei
versi senari: il senario è quel verso che normalmente conta sei sillabe.
Un canto natalizio degno di nota è quello chiamato “Su Nenneddu”,
che richiama anche una particolare tradizione bittese volta ad ospitare
nelle varie dimore familiari un’immagine di Gesù Bambino, laddove un
corteo di persone intona continuamente il canto de “Su Nenneddu” in
due versi senari. Altri momenti paraliturgici, e liturgici, vengono
arricchiti dai canti sacri a quattro voci di Bitti, quale il “Deus ti salvet
Maria”, “No mi giamedas Maria”, “Babbu nostru”, “Santu”, e “Su
perdonu”. A Bitti, i segreti del canto a tenore vivono nell’anima di tutta
la comunità, attraverso la sostanziale ossatura culturale della lingua
sarda.