Si chiamava Nanni Mereu. Aveva appena 46 anni. Abitava ad Aritzo, comune montano di 1250 abitanti della Barbagia. Era un apprezzamento e benvoluto commerciante. Venerdì sera, dopo aver cenato con gli amici al ristorante, ha avuto un infarto per strada. A pochi metri dalla Guardia Medica. Peraltro a quell'ora chiusa. È stato soccorso. Ma in Paese non c'è un medico. Dopo 25 minuti circa - dicono le cronache - è arrivata da Sorgono una ambulanza, ma solo con infermieri. Neanche un medico. Per farla breve, quando Mereu è arrivato all'ospedale di Sorgono (il più vicino) ha cessato di vivere. Forse, se un dottore l'avesse soccorso tempestivamente avrebbe potuto salvarsi. Forse. La realtà è che la vita delle persone nei centri dell'interno della Sardegna è spesso appesa ad un filo, perché l'assistenza è sostanzialmente negata. Come accaduto appunto a Nanni Mereu. È solo uno dei tanti aspetti della tragedia della Sanità sarda. Che ogni giorno pone di fronte a drammatiche realtà. Come quella della giovane dottoressa Maddalena Carta, 38 anni, morta nel suo ambulatorio di Dorgali. Pare avesse trascurato la sua salute per seguire i suoi pazienti, in numero tre volte superiore al previsto. Perché anche in quella zona della Barbagia trovare un medico è trovare un tesoro. Mentre il Pronto Soccorso dell'Ospedale di Isili, centro della Città Metropolitana di Cagliari, per "criticità" è chiuso per tutto il week end. E la vita dei pazienti è a rischio. Questo è il mio racconto domenicale. Che certifica con toni drammatici quanto il diritto alla salute sia negato a migliaia e migliaia di sardi. Bisogna solo sperare, nelle emergenze, di essere fortunati. Nanni Mereu e Maddalena Carta non lo sono stati. Buona domenica. Mario Guerrini.