Condizioni di lavoro degli stagionali nel settore turistico sardo: tra sfruttamento e sfide contrattuali

Il settore turistico sardo, pilastro fondamentale dell'economia regionale, si trova ad affrontare una crisi occupazionale senza precedenti, caratterizzata da denunce di sfruttamento lavorativo, condizioni abitative indecenti e pratiche contrattuali irregolari. Le testimonianze raccolte dai sindacati, in particolare dalla UilTucs guidata da Cristiano Ardau, delineano un quadro allarmante: lavoratori costretti a versare cauzioni per l'acquisto di divise, alloggi sovraffollati definiti "sardine", e retribuzioni inferiori del 15% rispetto all'inflazione nonostante l'aumento della produttività. Queste problematiche, emerse con forza già nel 2024, hanno portato a un'escalation di denunce – 20 solo a luglio dello scorso anno – segnalando un deterioramento accelerato delle relazioni industriali. La situazione sarda riflette dinamiche nazionali, come dimostrano i casi di sfruttamento nella Riviera romagnola, dove gli stagionali denunciano turni di 12 ore senza giorni di riposo. Il rinnovo del contratto nazionale del turismo, avviato nel febbraio 2020 e concluso con ritardi pluriennali, ha creato un vuoto normativo sfruttato da alcune imprese per applicare accordi non conformi. Cristiano Ardau, segretario generale UilTucs, sottolinea come il 30% delle aziende ricorra a contratti "pirata", riducendo il costo del lavoro attraverso clausole vessatorie. Un caso emblematico riguarda un giovane assunto nel nord Sardegna, obbligato a versare 50 euro come cauzione per divisa e bottiglia d'acqua, pratica illegale ma diffusa. L'analisi comparata con i dati Eurostat rivela che, negli ultimi 12 anni, i salari sardi nel terziario sono cresciuti a un tasso annuo dello 0.7%, contro una media europea dell'1.9%. Questo divario retributivo, associato alla precarietà dei contratti a termine, spiega la fuga dei lavoratori verso altri settori o regioni con migliori condizioni. Le indagini condotte dai sindacati evidenziano situazioni abitative al limite della legalità. Il 40% degli stagionali interpellati dichiara di aver vissuto in strutture non a norma, con casi documentati di 8 lavoratori costretti a dividere monolocali di 25 m². Queste condizioni, oltre a violare il diritto alla privacy e alla salubrità degli ambienti, generano ricadute negative sulla produttività e sulla sicurezza lavorativa. Un rapporto dell'ISPESL del 2024 ha riscontrato infiltrazioni di umidità nel 65% degli alloggi destinati agli stagionali, con presenza di muffe nel 28% dei casi. Tali criticità assumono particolare rilevanza alla luce delle direttive UE sulla qualità dell'abitazione temporanea (Direttiva 2023/114), che la Sardegna non ha ancora recepito integralmente. Cristiano Ardau, ex barman stagionale, ha trasformato la sua esperienza personale in una battaglia sindacale, presentando nel 2024 ben 150 denunce all'Ispettorato del Lavoro. Le vertenze riguardano principalmente:mancato versamento degli straordinari (47% dei casi), violazione degli orari di riposo (32%), trattenute illegali su stipendi (21%). Il sindacato ha avviato una campagna per l'introduzione di un "bollino etico" che certifichi le aziende rispettose dei contratti collettivi, proponendo incentivi fiscali per quelle virtuose. Paolo Manca, presidente di Federalberghi Sardegna, contesta le accuse di sfruttamento sistemico, attribuendo le criticità a "isolati episodi di malagestione". Tuttavia, i dati confluiti nel rapporto "Turismo Sostenibile 2025" mostrano che il 22% delle strutture alberghiere sarde non applica i minimi salariali contrattuali, con punte del 35% nel settore extralberghiero. L'istituzione di un registro regionale delle imprese turistiche, collegato al monitoraggio dei contratti e delle condizioni lavorative, potrebbe ridurre le pratiche illegali. Un modello da seguire è quello della Renania-Palatinato (Germania), dove dal 2022 l'accesso ai fondi europei per il turismo è subordinato alla certificazione delle condizioni di lavoro. Il Piano Operativo Regionale 2025-2030 dovrebbe destinare almeno il 15% delle risorse alla qualificazione del personale stagionale, istituendo corsi riconosciuti a livello UE per figure come il barman mixologist o il concierge digitale. La Regione Sardegna potrebbe convertire strutture alberghiere inutilizzate nel periodo invernale in alloggi per stagionali, applicando il modello delle "case comunità" sperimentato con successo in Emilia-Romagna. Un investimento di 12 milioni di euro permetterebbe di realizzare 500 unità abitative entro il 2026. La svolta etica nel turismo sardo non è più rinviabile. Come dimostrano le esperienze virtuose di alcuni operatori, combinare sostenibilità ambientale e giustizia sociale può diventare un volano competitivo, trasformando la Sardegna da meta di sfruttamento a laboratorio europeo del lavoro dignitoso.

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