Nella sterminata selva della disinformazione storica, poche teorie hanno avuto la stessa capacità di radicarsi nella cultura complottista come quella che lega gli ashkenaziti ai cazari. Si tratta di una narrazione che affonda le radici in una rilettura distorta di eventi storici, amplificata da autori pseudo-accademici, ideologi estremisti e una certa retorica antisemita. Prima di smontare questa costruzione, occorre capire da dove provenga e perché abbia trovato tanta fortuna in certi ambienti.
I cazari furono un popolo turco seminomade che, tra il VII e il X secolo, dominò un vasto territorio tra il Caucaso e il basso corso del Volga, costituendo un potente khaganato. La loro posizione strategica li rese attori fondamentali nei rapporti tra l’Impero bizantino, il Califfato abbaside e le tribù slave emergenti. Una particolarità distintiva dei cazari fu la loro conversione ufficiale all’ebraismo, avvenuta probabilmente nel IX secolo sotto il khagan Bulan. Tuttavia, il grado di diffusione effettiva di questa conversione tra la popolazione è ancora oggetto di dibattito tra gli storici.
L’idea che i cazari costituiscano la vera origine degli ebrei ashkenaziti nasce principalmente da un’opera del 1976, The Thirteenth Tribe di Arthur Koestler, in cui l’autore ipotizzava che gli ebrei dell’Europa orientale non fossero discendenti delle tribù di Israele, bensì dei cazari convertiti all’ebraismo.
La tesi di Koestler, sebbene suggestiva, è stata ampiamente confutata dagli studi genetici moderni e dall’analisi storica.
La costruzione della teoria cazara come spiegazione dell’origine ashkenazita si basa su un errore metodologico fondamentale: l’assunzione che una conversione religiosa su larga scala equivalga a una sostituzione etnica. Gli studi genetici condotti negli ultimi decenni, come quelli di Behar et al. (2010), hanno dimostrato che gli ashkenaziti hanno un legame genetico forte con le popolazioni mediorientali e con gli altri gruppi ebraici sparsi nel mondo, in netta contraddizione con l’idea di un’origine esclusivamente caucasica.
Inoltre, le fonti storiche disponibili non riportano alcuna diaspora significativa di cazari ebrei verso l’Europa orientale dopo il crollo del khaganato nel X secolo. Se una tale migrazione fosse avvenuta, avrebbe lasciato tracce evidenti nelle cronache medievali e nei documenti storici dell’epoca.
Ma perché questa teoria continua a prosperare nonostante le evidenze contrarie? La risposta si trova nella sua utilità ideologica. L’idea che gli ashkenaziti siano "falsi ebrei" e non discendenti delle tribù di Israele è stata utilizzata per sostenere posizioni antisemite e delegittimare il diritto storico degli ebrei alla terra d’Israele.
La narrativa è stata adottata da vari movimenti, dagli estremisti cristiani ai gruppi suprematisti, fino a certe frange dell’Islam radicale, che vedono nella teoria cazara un utile strumento per attaccare la legittimità storica dell’ebraismo.
Un esempio emblematico di questa strumentalizzazione è l’uso della teoria da parte di Henry Ford nei suoi Protocolli dei Savi di Sion e, più recentemente, la sua ripresa in ambiti neonazisti e anti-sionisti. In questi contesti, la teoria cazara serve a diffondere l’idea che gli ebrei ashkenaziti non siano i veri ebrei biblici, ma un’élite usurpatrice che controlla il mondo attraverso il potere economico e politico.
La teoria cazara è un esempio perfetto di come una narrazione pseudo-storica possa trasformarsi in uno strumento di propaganda. Il suo successo non è dovuto alla solidità delle prove, ma alla sua capacità di fornire una giustificazione narrativa a pregiudizi e teorie del complotto già esistenti.
Nel prossimo articolo, analizzeremo come questa teoria sia stata intrecciata con altre narrazioni complottiste, come il mito degli Illuminati, il Nuovo Ordine Mondiale e la presunta cospirazione globale ebraica. Sarà fondamentale mostrare come la manipolazione della storia possa essere usata per costruire miti moderni, con conseguenze che vanno ben oltre il semplice errore storiografico.