Si narra che, durante la notte tra il 1 e il 2 novembre, i defunti tornino a far visita ai parenti, portando con loro dei doni. E si sa, gli ospiti in Italia vengono sempre accolti con del buon cibo. È per questo che in molte regioni si usava un tempo lasciare qualche boccone con un bicchiere d'acqua in cucina per i parenti in visita dall’aldilà.
Tra i più comuni, le fave dei morti, presenti in diverse regioni e chiamati così perché nell’Antica Roma le fave erano considerate sacre.
Il più rappresentativo dei dolci tradizionali, simile in ogni territorio con piccole differenze per quanto riguarda gli aromi.
Nel Lazio, per esempio, le fave dei morti si preparano con mandorle, farina, zucchero, burro e uova, mentre in Umbria hanno uno spiccato profumo di limone e sono prive di burro. In Emilia-Romagna esistono diverse ricette, da Forlì a Massalombarda, mentre in Friuli-Venezia Giulia sono nate per utilizzare le mandorle troppo mature avanzate da altre preparazioni. In passato, infatti, la zona del Carso produceva per tutta la regione e la raccolta di ottobre permetteva a fornai e pasticceri di sperimentare nuove ricette con le tante eccedenze. Le più tipiche sono le fave di Trieste, piccole palline aromatizzate con vaniglia nella versione chiara, essenza di rosa bulgara per le rosate o arricchite con cacao nella variante più scura.
Farina, zucchero, mandorle tostate, miele, albume d’uovo, lievito, scorza d’arancia e cannella: sono questi gli ingredienti alla base dello ‘nduzzo, biscotto tipico delle province di Catania e Messina, che deve il suo nome alle suore vincenziane di Catania che lo hanno inventato (‘nduzzo è il vezzeggiativo dialettale di Vincenzo). Si tratta di biscotti comuni a entrambi i territori, ma solo a Catania vengono consumati in occasione del 2 novembre (a Messina vengono invece preparati per la festa della Madonna della Lettera, il 3 giugno). In qualsiasi caso, stiamo parlando di dolcetti semplici e dal gusto rustico, facili da preparare e perfetti da sgranocchiare a fine pasto, meglio ancora se accompagnati da un buon liquore o un passito.
A Milano il re della tavola è il pan dei morti, dolce della tradizione diffuso anche in Brianza e pensato come goloso saluto di bentornato per i defunti in visita in occasione della festa dei morti.
Solitamente viene condiviso da tutti i commensali alla fine del pasto oppure regalato ai più piccoli come golosa merenda. Una ricetta semplice e gustosissima, fatta con albumi, biscotti secchi sbriciolati, cacao, frutta secca e candita e spezie dolci. Simile, seppur con le dovute differenze, è la torta paesana tipica della zona di Monza, fatta sempre con biscotti sminuzzati e frutta secca, ma a base di pane raffermo bagnato nel latte o con l’acqua.
Dolce insolito e originale è quello pugliese a base di grano dolce, una specialità della provincia di Foggia legata all’antico rituale cristiano che prevedeva di consumare del grano bollito benedetto durante la funzione religiosa del 2 novembre. Una tradizione del passato che permane ancora oggi, segno di buon auspicio e nuova vita. Nel grano dei morti si trovano poi frutta candita, zucchero, frutta secca e vino cotto, più altri ingredienti che variano a seconda della tradizione, come il cioccolato o la cannella.
Fragranti e glassati, i papassini sardi si caratterizzano per l’utilizzo di uva passa (papassa o pabassa in lingua locale), ma gli ingredienti possono variare in base alla zona di produzione.
C’è chi all’impasto aggiunge la sapa, chi la cannella o il finocchietto selvatico, oppure il liquore all’anice. Ci possono essere anche variazioni nella glassa, fatta sia con albume d’uovo e zucchero che con acqua, profumata con limone o altri aromi. Ciò che non deve mai mancare sono farina, mandorle, gherigli di noce, uva passa, zucchero, lievito, strutto (nelle versioni più moderne sostituito dal burro), uova intere e tuorli, scorza di limone e arancia e un pizzico di sale.
Simili alle fave, le ossa dei morti sono dei biscotti diffusi soprattutto al Sud Italia, in particolare in Sicilia; dei frollini friabili e croccanti fatti con pochi e semplici ingredienti, frutto delle antiche tradizioni contadine che – insieme al grande lavoro delle monache nei conventi – hanno dato vita a gran parte della pasticceria secca del territorio. Si caratterizzano per l’utilizzo dei chiodi di garofano, che conferiscono all’impasto un profumo inebriante e intenso, e per la forma peculiare che ricorda, appunto, quella di un osso.