Nel giorno in cui la Cisl Sardegna riunisce il proprio Consiglio generale, la segretaria nazionale Daniela Fumarola rimette al centro una vertenza che da anni attraversa il Sulcis come una frattura irrisolta: quella dei lavoratori Eurallumina. Lo fa incontrando uno degli operai che, per otto giorni, è rimasto in cima al silo numero 3 dello stabilimento di Portovesme. Un gesto che non può essere rubricato soltanto come protesta estrema, perché porta con sé la stanchezza accumulata e la paura di un domani sempre più incerto.
Le parole di Fumarola non concedono sconti: «Facciamo un appello forte sulla vertenza dei lavoratori di Eurallumina di Portovesme, che richiede risposte ma anche un esercizio di responsabilità da parte di tutti». È la sintesi di una mobilitazione che dura da anni e che continua a interrogare istituzioni locali e nazionali. Per il sindacato, la presenza al fianco di questi operai non è un gesto di rito: è un atto di coerenza. «Questi sono lavoratori che difendono con i denti il proprio posto di lavoro, ma difendono anche filiere industriali e il possibile sviluppo di questo territorio. Quindi io credo che ognuno debba fare la propria parte. Noi la stiamo facendo come sindacato e continueremo a farla anche in vista dell’incontro del 10 dicembre al Mimit».
Il punto è sempre lo stesso: il Sulcis vive in apnea da troppo tempo. Ogni mese che passa pesa come un anno. La stessa Fumarola lo ribadisce con chiarezza: «La Regione Sardegna ha bisogno di sviluppare di più e meglio le sue potenzialità, di difendere i sistemi produttivi, di dare certezze e speranze alle persone che abitano in questi territori». Da qui la richiesta – rivolta alla Regione e al Governo – di ascoltare «assolutamente il grido di dolore degli operai di Portovesme», perché nessun gesto, men che meno arrampicarsi a quaranta metri d’altezza, può essere derubricato come folclore agitato dall’emergenza.
La leader della Cisl lega la vertenza Eurallumina al quadro più ampio del futuro produttivo dell’isola. «Dobbiamo tutti rispondere a questo appello, e dobbiamo farlo con azioni concrete». In questa prospettiva rientra il patto che la Cisl sarda propone alla Regione e che sarà discusso nel pomeriggio nell’incontro con la presidente Alessandra Todde. Le parole sono nette: niente misure tampone, niente soluzioni di corto respiro. Serve «una strategia chiara per questa Regione», anche perché la Sardegna – ricorda Fumarola – ha un ruolo nel «patto della responsabilità» che la Cisl immagina per il Paese intero.
Non è solo industria. C’è un altro tema che incide sul destino dell’isola come una lenta erosione quotidiana: lo spopolamento delle aree interne. Fumarola non parla per slogan: «È un problema che riguarda in particolare alcune regioni, ma direi le aree interne di tutto il Paese. Non possiamo dire che bisogna bloccare l’esodo dei giovani e poi non creare quelle occasioni e quelle opportunità che servono per farli rimanere». La fotografia è impietosa. Le imprese sarde cercano competenze che spesso non trovano; i territori perdono abitanti perché i servizi essenziali non reggono più il passo dei bisogni.
La ricetta della Cisl è semplice nella formulazione, complessa nell’attuazione: generare servizi alla persona, creare condizioni dignitose per chi vive nelle aree più fragili, costruire un percorso credibile di futuro. «Se non incidiamo sul lavoro, sui servizi, e se non attuiamo una seria contrattazione sociale nei territori, avremo fallito». Il rischio è esattamente questo: una regione che si assottiglia, che arretra verso le coste, che vede frammentarsi il proprio tessuto sociale.
Rendere le aree interne «attrattive», dice Fumarola, non è uno slogan ma una necessità. Perché la Sardegna possa tenere insieme industria, lavoro, servizi e comunità servono scelte chiare. E serve la responsabilità di tutti gli attori in campo. Gli operai di Eurallumina lo chiedono da anni. E oggi, ancora una volta, lo fanno dall’unica altezza che la politica non può più ignorare.