Conti da regolare tra Sardegna e Stato. Alessandra Todde sceglie la linea dura ma con guanti di velluto: fermezza sui numeri, dialogo sul metodo. «Ringrazio il vicepresidente della Giunta e assessore del Bilancio, Giuseppe Meloni, e il gruppo di lavoro che ha costruito in questi mesi la posizione della Sardegna, per l’incontro che si è tenuto ieri a Roma con il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti. Un confronto positivo che ha permesso di ribadire con chiarezza le istanze della Sardegna».
I numeri non sono briciole. «Il Governo deve alla nostra isola – ha proseguito – solo per quest’anno, 200 milioni dalle tasse che riscuotiamo per lo Stato, e complessivamente 1,7 miliardi che si sono accumulati negli anni passati. Cifre importanti che servono ai sardi per finanziare i servizi ai cittadini, per le infrastrutture, per la tutela dell’ambiente e per programmare interventi di sviluppo e riqualificazione». Tradotto: senza quei soldi, i capitoli restano a metà. E gli impegni pure.
Giorgetti apre a un tavolo dedicato. La presidente incassa e rilancia: «con favore la disponibilità del ministro a istituire un tavolo specifico, al quale parteciperò personalmente, per giungere a una soluzione condivisa sulla vertenza entrate e affrontare anche il tema dell’insularità, che per noi rappresenta una priorità strategica». Segnale politico chiaro: la pratica non è delegabile. Ci mette la faccia lei.
Restano due verità che cozzano da anni. Roma chiede pazienza e regole. L’Isola chiede i trasferimenti dovuti e tempi certi. Qui Todde fissa il perimetro: «È nostro dovere – ha concluso – difendere questi diritti mantenendo allo stesso tempo un approccio dialogante e istituzionale nei rapporti con lo Stato». Muscoli coperti da giacca e cravatta. Purché il conto, alla fine, lo paghi chi deve.