La Piana di Arborea, un tempo regno delle vacche frisone e delle mani callose dei coloni veneti, oggi deve fare i conti con i rifiuti. Stavolta non quelli urbani, ma quelli veri: macerie, ferraglia, plastica, persino amianto. Tutto accatastato in un terreno privato come fosse una discarica di fortuna.
Gli uomini della Stazione forestale di Marrubiu hanno trovato di tutto. Cinquemila metri quadrati trasformati in un deposito abusivo. In mezzo alle sterpaglie, tra tubi arrugginiti e elettrodomestici sfatti, comparivano anche bombole e batterie esauste. E, come se non bastasse, parte di quel materiale veniva pure bruciata. Piccoli roghi, ma tossici, che spandevano fumo su una terra che già ne ha visti troppi.
Il sequestro è scattato su ordine della Procura di Oristano, con la collaborazione dei tecnici dell’Arpas. Il proprietario, un settantenne della zona, titolare di un’impresa edile, è stato denunciato a piede libero. Avrebbe usato il suo podere come discarica per i resti dei cantieri, risparmiando sui costi di smaltimento. Un’economia spicciola che ora rischia di costargli cara.
La legge parla chiaro: gestione illecita di rifiuti e combustione abusiva. Due articoli, il 256 e il 256-bis del decreto ambientale, che non lasciano molto spazio alle interpretazioni.
La Piana di Arborea è nata da una bonifica, un secolo fa. Oggi, ironia della sorte, deve essere di nuovo bonificata. Non più dalle zanzare, ma dalla furbizia di chi crede che l’ambiente sia un magazzino da svuotare come e quando conviene.
Il Corpo forestale promette controlli più serrati. E fa bene. Perché l’ambiente, quando lo si lascia in mano agli incivili, restituisce sempre il conto. E non manda mai lo scontrino in ritardo.