La Procura vuole vederci chiaro. È stato affidato all’informatico Andrea Cappai l’incarico di effettuare la copia forense dei dispositivi in uso a Emanuele Ragnedda, l’imprenditore vitivinicolo di Arzachena che ha confessato l’omicidio di Cinzia Pinna, 33 anni, di Castelsardo.
La donna era stata uccisa nella notte tra l’11 e il 12 settembre nel casolare della tenuta Conca Entosa, di proprietà dell’uomo, e ritrovata solo dodici giorni dopo. La pm Noemi Mancini, insieme al procuratore Gregorio Capasso, vuole ricostruire ogni contatto e movimento compiuto da Ragnedda nei giorni successivi al delitto.
Il perito dovrà analizzare il computer usato dall’imprenditore e un cellulare di riserva che aveva da circa un mese prima dell’omicidio. Il telefono principale, secondo quanto emerso, si era rotto: l’uomo avrebbe utilizzato l’altro per accedere ai social e mantenere le proprie relazioni personali.
Quel telefono, però, non è stato ancora ritrovato. Come non sono stati trovati neppure gli effetti personali di Cinzia Pinna, compreso il suo cellulare. Un tassello mancante che potrebbe chiarire ciò che resta oscuro: cosa è accaduto davvero in quelle ore e nei giorni che seguirono.