“Mafia da marciapiede” in corso Vittorio Emanuele: la guerra fra pizzerie che svela le crepe della nuova Cagliari

  Due ristoratori in carcere e tre agli arresti domiciliari: è l’esito di un’indagine della Squadra Mobile che ha ricostruito tre anni di persecuzioni, minacce e aggressioni contro i titolari della pizzeria “Kephas”, colpevoli solo di trovarsi sulla corsia opposta rispetto alla rivale “Caroline”. Le tecniche usate – intimidazioni costanti, tentativi di incendio, violenze fisiche e un clima di terrore diffuso per scoraggiare la clientela – ricalcano il tipico “metodo mafioso”: controllo del territorio, pressione psicologica e attacchi mirati all’economia dell’avversario per estendere il proprio monopolio. Il giudice Giuseppe Pintori ha riconosciuto la gravità del quadro disponendo la custodia cautelare in carcere per Antonello Del Zompo e Alessandro Medda, mentre altri tre soci resteranno ai domiciliari; a margine, sono indagate a piede libero altre tre persone per piccoli quantitativi di droga. Corso Vittorio Emanuele è oggi una delle arterie simbolo della “nuova” Cagliari: locali curati, tavolini all’aperto e flussi costanti di turisti attratti da un centro storico sempre più patinato.

  Dal 2015, gli studiosi denunciano un processo di gentrificazione che ha trasformato i quartieri popolari in vetrine di consumo, spingendo i residenti storici verso la periferia e aumentando la pressione competitiva fra esercizi commerciali. Nel solo 2024 la città ha registrato oltre 2.100 affitti brevi, con il 97% delle strutture ricettive fuori dal circuito alberghiero: l’assessorato comunale parla apertamente di “aumento dei prezzi e riduzione dell’offerta abitativa per i residenti” nel centro storico. In questo scenario di rendite immobiliari in ascesa e margini di profitto elevati, la rivalità fra le due pizzerie ha assunto toni da lotta per la supremazia territoriale. Le minacce non miravano soltanto a “rubare” clienti, ma a costringere i concorrenti a chiudere e cedere l’attività: un messaggio chiarissimo in un mercato dove ogni serranda abbassata diventa l’ennesimo locale “instagrammabile” da affittare a prezzi gonfiati. Gli investigatori parlano di “un gravissimo stato d’ansia” imposto alle vittime, tanto da spingerle a mettere in vendita l’azienda pur di sottrarsi alla spirale di violenza.

  Il caso dimostra come i processi di riqualificazione senza adeguate tutele sociali possano generare nuove forme di conflitto: da un lato affitti brevi, Airbnb e movida creano valore; dall’altro, la competizione selvaggia fra esercenti può scivolare in pratiche di stampo mafioso quando mancano controlli capillari e politiche urbane inclusive. I ricercatori dell’Università di Cagliari lo avevano previsto: la “commercializzazione aggressiva” del centro espone gli operatori economici più fragili a pressioni esterne e a tentativi di espulsione forzata. L’operazione di polizia chiude (per ora) la faida tra “Caroline” e “Kephas”, ma lascia aperta la domanda su quale modello di sviluppo Cagliari voglia abbracciare. Se il centro storico diventasse solo un corridoio turistico, la prossima intimidazione potrebbe già covare dietro qualche altra insegna luminosa. La lotta alle mafie urbane passa dunque anche da scelte urbanistiche capaci di bilanciare turismo, residenza e legalità: senza quel mix, la gentrificazione rischia di consegnare ai clan – o ai loro emuli – un palcoscenico perfetto per imporre la propria “tassa occulta” sul futuro della città.

Cronaca

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