Tra il 1970 e il 1975, nella zona industriale di Macchiareddu, vicino a Cagliari, prese vita un progetto ambizioso e poco noto: la produzione della Orsa Spring, una spider sportiva ed economica nata da un’idea tutta sarda. L’impresa fu il frutto dell’iniziativa di una cordata di imprenditori locali che rilevarono i diritti e le linee di montaggio della Siata Spring, vettura nata a Torino alla fine degli anni ’60.
La Orsa – acronimo di Officine Realizzazioni Sarde Automobili – nacque proprio dopo il fallimento della Siata, piccola casa automobilistica piemontese che aveva lanciato la sua spider nel 1967. La vettura, basata su componenti Fiat 850, puntava a intercettare i gusti dei giovani, con un design che richiamava le linee delle auto inglesi di lusso ma a un prezzo contenuto. Quando la Siata chiuse i battenti nel 1970, il progetto venne rilevato e trasferito in Sardegna.
A Macchiareddu venne costruito uno stabilimento moderno su un’area di circa 30mila metri quadri. Le condizioni favorevoli offerte dai programmi di incentivazione del Mezzogiorno e il supporto regionale permisero l’avvio della produzione. A lavorare nell’impianto furono circa 150 dipendenti. L’auto venne rivisitata in alcuni dettagli: utilizzava un motore da 903 cc da 47 cavalli, freni anteriori a disco e un nuovo cruscotto, mentre il telaio fu di derivazione Seat.
Nonostante le buone premesse, la produzione complessiva non superò i cento esemplari. La maggior parte delle vetture fu esportata all’estero: 60 andarono in Arabia Saudita e alcune in Sud America, specialmente in Venezuela. Il mercato interno, invece, rimase marginale. La crisi petrolifera del 1973, con il repentino aumento del costo del carburante, frenò la domanda di auto sportive leggere e colpì duramente l’iniziativa. L’azienda fu quindi costretta a riconvertirsi, dedicandosi successivamente alla produzione di mezzi antincendio.
L’esperienza della Orsa rappresenta uno dei pochi tentativi concreti di creare un’industria automobilistica in Sardegna. Nonostante il breve percorso, resta il simbolo di una stagione in cui anche l’isola cercò di affacciarsi nel panorama industriale nazionale, spinta da entusiasmo, incentivi pubblici e visioni ambiziose.