Succede ogni tanto che la vita, anche quella più fragile, trovi una mano che la protegge. È accaduto ieri mattina, 10 giugno, nei Giardini Reali di Monza, dove un’anatra, una femmina di germano reale, era rimasta impigliata in un amo da pesca. Il becco stretto dal ferro, il collo tirato, la lenza avvolta a un ramo. Un’esecuzione lenta, se nessuno se ne fosse accorto.
Ma qualcuno ha visto. Un passante, anonimo nella cronaca ma essenziale nella sostanza, si è fermato. Ha osservato la scena, ha capito che ogni minuto avrebbe potuto essere l’ultimo per quell'animale. Non ha aspettato l'arrivo di soccorsi lontani, non ha girato le spalle come si fa quando si pensa che qualcun altro interverrà. Ha chiamato le GEV — le Guardie Ecologiche Volontarie — e, sotto la loro guida, ha agito. Una canna di bambù, un movimento attento, e infine la liberazione.
L’anatra è tornata all’acqua, viva. Più spaventata che ferita.
Resta il mistero — e l’amarezza — di quella lenza lasciata appesa al ramo. Una negligenza pericolosa che avrebbe potuto trasformare un angolo di bellezza in un luogo di morte. Ma questa volta ha vinto il contrario: la prontezza di chi non si è voltato, la competenza di chi ha saputo intervenire, e infine la libertà di una creatura che, nel silenzio del suo lago, ha potuto riprendere a nuotare.
Non c’è bisogno di grandi imprese per rendere il mondo più degno: a volte basta uno sguardo che non ignora.