Due cuccioli di cane fatti a pezzi. Smembrati e gettati in un terreno, nei pressi della nuova stazione ferroviaria. Così è cominciata questa storia. Come cominciano tante storie d’Italia, d’Europa, di mondo, quando la ferocia degli uomini si accanisce su chi non può difendersi.
Ma stavolta, per una volta, non tutto è finito nella fossa del peggio. Perché mentre qualcuno massacrava, altri non sono rimasti fermi a guardare.
C’era una cagnetta gravida, randagia, che da giorni vagava per le strade di San Gavino. Era sola, spaesata, abbandonata. Qualcuno la vedeva passare. Qualcuno la ignorava. Qualcuno, invece, ha deciso di fare. Fra questi c’era Margherita Murtinu. Non nuova a gesti così. Non nuova a quella follia di chi non accetta l’indifferenza come regola.
Lei ha segnalato il caso a chi di dovere: polizia locale, carabinieri. Ma non è rimasta dietro a un modulo compilato o a un verbale. Ha raccolto voci, piste, segnalazioni. Un’altra donna le aveva indicato un canneto, non lontano dalla stazione. Lì la cagnolina era stata avvistata. Lì, in mezzo al nulla, si nascondeva.
È partita la ricerca. Non una, non due, ma un gruppo di donne di San Gavino si è mosso. Hanno camminato, cercato, battuto la zona. E l’hanno trovata. Ancora viva. Ancora col respiro. Con lei c’erano tre cuccioli, vivi anche loro. Stretti insieme, come per sfuggire al destino già toccato agli altri due fratellini massacrati.
Alla fine sono arrivati tutti: Margherita, i suoi amici, il maggiore dei carabinieri Francesco Capula, i militari, i veterinari. Tutti quelli che non hanno avuto paura di sporcarsi le mani. Di guardare in faccia il male e scegliere di fare il contrario.
E così, questa storia che era nata nel sangue, ha trovato almeno un margine di giustizia. Non di giustizia legale — quella verrà, forse, se qualcuno avrà il coraggio di cercare gli autori — ma di giustizia umana. Quella che non restituisce i due cuccioli straziati, ma salva il resto della cucciolata e restituisce alla madre l’unica cosa che il male non le aveva ancora strappato: i suoi piccoli.
In un paese dove spesso l’abitudine è girare lo sguardo dall’altra parte, qui qualcuno ha scelto di non farlo.