Adriano Reginato: Storia di un record che ancora incredibilmente resiste.

  Neanche un gol incassato nelle prime otto partite di campionato, al suo esordio nel Cagliari. “712 minuti, per la precisione” chiarisce Adriano Reginato. Un record, quello dell’estremo difensore nativo del Veneto, che resiste ancora oggi. 

  Adesso ha 86 anni, era il portiere di riserva del Cagliari campione d’Italia “Quando è arrivato Enrico Albertosi ho capito subito che sarei finito in panchina” dice senza rancore. Sono loro, i portieri, a decidere del presente e del futuro delle squadre di calcio. Sono i portieri a detenere il vero potere sul campo di gioco. Lo sa bene il Cagliari che dei portieri ha fatto sempre il suo vanto. 

  Cominciando proprio con Reginato e Albertosi. Dice ancora Reginato: “Una squadra forte ha due carte in mano, il portiere e il centravanti e noi, ai tempi dello scudetto, avevamo un trascinatore come Gigi Riva. In porta invece c’era Albertosi, il più forte di tutti e poi io, la riserva”. Ci sono tanti modi per raccontarsi, specie quando si è vinto tanto. Adriano Reginato, campione d’Italia con il Cagliari nel 1970, lo fa sempre con la modestia e la passione di chi aveva cominciato a parare nel Treviso, dove è nato il 19 dicembre del 1937. Dopo il record all’improvviso cambia tutto: nel 1969 arriva a Cagliari Enrico Albertosi e lui deve fare un passo indietro. Per tutto il campionato guarda giocare la sua squadra seduto in panchina fino all’ultima partita col Bari, quella che incorona il Cagliari campione d’Italia. 

  “È stato Albertosi a chiamarmi in campo proprio per darmi la possibilità di festeggiare con tutta la squadra e poter dire: il Cagliari ha vinto e c’ero anch’io. Un grande gesto di generosità da parte sua”. Una storia d’altri tempi quella di Reginato, fatta di sudore e amicizie vere. Comincia a giocare a pallone da bambino “senza avere il fuoco sacro di fare il calciatore”. A 16 anni deve lasciare la scuola e va a lavorare nella fabbrica dove era impiegato il padre, costretto a casa dopo un brutto infortunio sul lavoro. “In fabbrica i turni erano duri, ma continuavo a giocare in seconda categoria. Poi succede che due portieri del Treviso, che era in serie C, stanno male e mi chiamano. 

  La prima partita me la ricordo ancora, mi tremavano le gambe. Perdemmo 1-0 col Piacenza, non me lo dimenticherò mai”. A quel punto si licenzia dalla fabbrica, ma per mantenersi continua a riparare televisori e radio. Poi nel 1963 la svolta. “Mi chiama il Torino, in A, e la mia vita cambia all’improvviso”. Il resto è storia a Cagliari, dove tutt’ora risiede.

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