In Italia l’80% delle merci si muove su ruote. È la spina dorsale invisibile che regge l’industria, la distribuzione e la vita quotidiana. Ogni pacco, ogni scaffale pieno, ogni cantiere attivo dipende da quella massa anonima di camion che attraversano il Paese. Eppure, come spesso accade nella nostra Repubblica, si continua a trattare il trasporto su gomma come un male necessario, mai come una risorsa strategica.
La nuova Legge di Bilancio 2026, all’articolo 26, stabilisce che dal 1° luglio dello stesso anno le imprese non potranno più compensare i crediti d’imposta che non derivino da dichiarazioni fiscali. Tradotto: anche i rimborsi sulle accise del gasolio professionale, finora utilizzabili come moneta liquida per pagare imposte e contributi, verranno congelati.
Per Giuseppe Tagnochetti, coordinatore di Trasportounito, la misura è un colpo di grazia: «Più dell’80% delle merci che alimentano industria, distribuzione e la domanda delle varie comunità del Paese, si sposta in Italia sulle ruote di un camion. Ma ancora una volta lo Stato considera questa attività una certezza. Da oggi non lo è più».
Dietro il linguaggio burocratico del legislatore si nasconde un effetto concreto: il blocco di liquidità per migliaia di imprese. Le somme maturate sulle accise non potranno più essere compensate immediatamente. Le aziende dovranno attendere i rimborsi “in contanti”, in tempi che la storia amministrativa italiana ci insegna a misurare in mesi, se non in stagioni.
In un settore dai margini risicati, dove ogni litro di gasolio pesa più di un bilancio, anche un ritardo di poche settimane può significare il crack. Le piccole e medie imprese, ossatura dell’autotrasporto italiano, saranno le prime a cedere. Ma la crisi si allargherà anche alle grandi flotte, che dovranno finanziare con risorse proprie la propria sopravvivenza.
Il risultato è facilmente immaginabile: meno mezzi in circolazione, ritardi nelle consegne, costi più alti per le imprese e per i consumatori. Un effetto domino che travolgerà non solo chi trasporta, ma anche chi produce e distribuisce.
«Chiediamo una rivisitazione della norma – aggiunge Tagnochetti – non per lamentarci ancora una volta di un settore fragile, ma per difendere la stabilità dell’intera filiera logistica. Bloccare le compensazioni significa compromettere l’equilibrio dell’economia reale».
Il paradosso è che una norma nata per rafforzare i controlli fiscali finirà per indebolire proprio chi opera nella legalità, azzerando la liquidità di migliaia di aziende regolari. «Un diabolico effetto domino – avverte Tagnochetti – sulla competitività del sistema economico italiano».
La misura, nel suo apparente rigore tecnico, mostra l’antico difetto del nostro Paese: confondere il controllo con il castigo, la burocrazia con la politica economica. Invece di sostenere chi muove l’Italia, si finisce per tagliargli le gambe. E senza ruote, un’economia semplicemente non va da nessuna parte.