Oristano, l’isola sicura nell’Italia inquieta

In un Paese che registra 2,38 milioni di reati all’anno, dove la cronaca racconta città sempre più assediate da microcriminalità e degrado urbano, Oristano emerge come un’eccezione. Un piccolo presidio di equilibrio civile, quasi un’anomalia statistica nel cuore del Mediterraneo.

Secondo il nuovo “Indice della criminalità” del Sole 24 Ore, basato sui dati del Viminale relativi al 2024, Oristano è la città più sicura d’Italia, con appena 1.572 reati denunciati ogni 100mila abitanti. Per fare un paragone, Milano – che guida la classifica nazionale – ne registra più di 6.900. In mezzo, una distanza che non è solo numerica, ma culturale, sociale e persino antropologica.

Il dato sardo si inserisce in un contesto generale di risalita dei reati: +1,7% rispetto al 2023, +3,4% sul 2019. Crescono i furti, le rapine e le violenze sessuali, segno di una società che, dopo la pandemia, ha ritrovato la frenesia, ma non la misura. Eppure, nel mezzo di questa inquietudine diffusa, la provincia di Oristano conferma una solidità sorprendente.

Il sindaco Massimiliano Sanna parla di “un risultato che ci riempie d’orgoglio”, ricordando l’impegno dell’amministrazione nel potenziamento della videosorveglianza, nella collaborazione tra le forze dell’ordine e nei programmi educativi e sociali. Ma dietro la sicurezza di Oristano c’è qualcosa di più profondo: una struttura comunitaria ancora coesa, dove la devianza fatica a radicarsi perché la rete sociale resta vigile.

Il merito è soprattutto delle forze dell’ordine, la cui presenza silenziosa e costante garantisce un equilibrio che altrove si è dissolto. I carabinieri, in particolare, continuano a essere presidio dello Stato nel senso più concreto del termine: non un concetto astratto, ma una realtà fatta di uomini, turni, pattuglie, attenzione costante al territorio. È lo Stato in uniforme che ancora funziona, che conosce per nome chi sorveglia e sa dove intervenire prima che sia troppo tardi.

Non tutte le province sarde possono vantare numeri simili. Cagliari, all’88° posto, resta una città contraddittoria: stabile nella media generale, ma ai vertici nazionali per incendi, sfruttamento della prostituzione e pedopornografia. Indicatori che raccontano una realtà complessa, segnata dalle frange della marginalità urbana. Nuoro e Sassari, rispettivamente 70ª e 65ª, mostrano invece una tenuta accettabile ma non priva di ombre.

Nel complesso, la Sardegna resta un’isola relativamente sicura, un dato che non si spiega solo con la demografia ma anche con la cultura locale: la dimensione dei paesi, il controllo sociale diffuso, la lentezza della vita quotidiana. Elementi che, in un’epoca di individualismo esasperato, si trasformano in deterrenti naturali.

L’Italia, intanto, continua a muoversi a due velocità. Da un lato le metropoli del Nord, travolte dalla densità umana e dal turismo; dall’altro le province interne, dove il senso di appartenenza sopravvive come un anticorpo civile. Oristano, con i suoi numeri e la sua serenità, ricorda che la sicurezza non è una formula tecnica, ma una cultura collettiva. E che finché esisteranno città così, lo Stato – quello vero – non sarà del tutto smarrito.

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