Lo chiamano “adeguato assetto”, ma è ben più di una formula da manuale. È il cuore stesso della sopravvivenza e dello sviluppo d’impresa in tempi incerti. Non a caso, l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (ODCEC) di Sassari, in collaborazione con Confindustria Centro Nord Sardegna, ha organizzato nei giorni scorsi un convegno a Villa Mimosa, mettendo sul tavolo un tema che – se ignorato – può costare caro.
In apertura sono intervenuti Achille Carlini, presidente di Confindustria Centro Nord Sardegna, e Marco Scanu, presidente dell’ODCEC di Sassari. Il primo non ha usato mezzi termini: «Il tema è di rilevante attualità e spessore. Parliamo di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, insieme ai relativi sistemi di controllo. La cultura della prevenzione e della gestione del rischio non è più un mero adempimento, ma un fattore strategico imprescindibile per la competitività e la sostenibilità aziendale».
Gli ha fatto eco Scanu, segnando il confine tra tecnicismo e realtà: «La sinergia con il mondo dell’impresa è per noi professionisti importantissima. E gli “adeguati assetti” toccano l’imprenditore ma anche il professionista».
A seguire, sono intervenuti Alessio Diego Scano (Università di Sassari), Francesco Manca (Università Telematica degli Studi IUL) e Mauro Paoloni, presidente di Banca Akros Spa. Il dibattito è stato moderato da Giovanni Pinna Parpaglia, vicepresidente dell’ODCEC sassarese.
Ma che cos’è, in fondo, questo “assetto adeguato”? Lo si potrebbe spiegare così: “organizzare le risorse dell’azienda con buon senso e lungimiranza”. Ma qui entra in scena la legge. Dal 2019, l’articolo 2086 del Codice Civile – riformato con il Codice della crisi d’impresa – ha imposto all’imprenditore che operi in forma societaria il dovere di dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile “adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”.
Un principio chiaro, ma che in molti casi resta lettera morta. Non per malafede, ma per inerzia. Le grandi imprese, strutturate e sotto costante vigilanza, non possono farne a meno. Ma le piccole e medie imprese, soprattutto in territori come quello sardo, spesso rinviano, in attesa che la legge diventi sanzione.
Durante il convegno è emerso un punto cruciale: l’obbligo esiste, ma non è coercitivo. I giuristi lo riconoscono. C’è una discrezionalità imprenditoriale che, se da un lato garantisce libertà, dall’altro rischia di generare trascuratezza. Qui entra in gioco il professionista: colui che deve accompagnare l’impresa nella costruzione dell’assetto, evitare che le maglie si slabbrino, anticipare le crepe anziché rattopparle quando è troppo tardi.
Non è un gioco di norme. È la differenza tra un’impresa viva e una sulla via del fallimento.