Cagliari: epatiti virali, il progetto LIVErS porta lo screening nei centri migranti del sud Sardegna

In un’Italia che troppo spesso discute di immigrazione nei bar e nei talk show, c’è chi lavora sul campo, con silenziosa ostinazione. Al Policlinico Duilio Casula di Cagliari non si fanno proclami: si curano le persone. È qui che nasce il progetto LIVErS, una sigla asciutta che racchiude un’idea limpida – intercettare le epatiti virali e l’HIV tra i migranti ospitati nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) del sud Sardegna. Un'operazione medica, certo, ma anche un gesto di civiltà.

A guidare l’iniziativa è il professor Luchino Chessa, direttore della struttura semplice di Malattie del Fegato. Con la competenza di chi conosce il mestiere e la visione di chi sa leggere la realtà oltre i referti, spiega: «Intercettare la popolazione infetta nei CAS è una priorità di salute pubblica. Dà la possibilità di guarigione a persone che sono alla ricerca di un futuro migliore, di un mondo senza guerre, e che iniziano un percorso di inserimento sociale in una nuova nazione».

Il progetto non si ferma al test: chi risulta positivo viene preso in carico dagli specialisti epatologi e infettivologi del Policlinico e dell’Università di Cagliari. Nessuna discriminazione, nessun abbandono. Solo medicina, fatta come si deve: «I migranti vengono inseriti in un percorso terapeutico e di follow-up clinico – spiega ancora Chessa – con lo scopo di controllare la malattia e ridurre il rischio di trasmissione».

LIVErS non è un episodio isolato, ma parte di un disegno più grande. L’obiettivo è quello che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è posta per il 2030: eliminare le epatiti virali come problema di salute pubblica. In Sardegna, però, la situazione è tutt’altro che risolta. I numeri sono crudi, come la realtà che fotografano: si stima che almeno 30mila persone nell’Isola siano infette da HBV o HCV, spesso senza saperlo. Al Policlinico, oltre 9mila pazienti sono seguiti per malattie del fegato, e circa la metà presenta infezioni virali.

«Diagnosticare l’infezione nelle persone inconsapevoli – conclude Chessa – consente di evitare le complicanze di una malattia epatica avanzata e permette di interrompere la circolazione del virus impedendo nuove infezioni».

Non servono molte parole. Solo i fatti. E quelli dicono che, mentre altri si perdono in chiacchiere, a Cagliari si salva la pelle.

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