La questione dell’emergenza abitativa ad Alghero è una ferita aperta, un problema che grida e che nessuno sembra voler ascoltare davvero. In una città dove l'immagine turistica è tutto, sembra che ci si sia dimenticati di chi questa città la vive, la abita, e la soffre ogni giorno. Chi cerca una casa in affitto, a lungo termine, si scontra con la porta sbarrata della paura dei proprietari: timori spesso legittimi, certo, ma che non possono giustificare la totale indifferenza verso un problema che sta diventando insostenibile.
La realtà è semplice e crudele: chi possiede un immobile ha paura di affittarlo, soprattutto a chi potrebbe stabilirsi a lungo, e finisce per preferire la soluzione più comoda e meno rischiosa di affittare solo a trasfertisti o per brevi periodi, come durante l'estate. Questa diffidenza nasce da un sistema burocratico che non tutela i proprietari e li lascia soli davanti ai rischi, come quello di dover affrontare lunghe e costose battaglie legali per liberare un appartamento da un inquilino moroso.
Ma dall'altra parte, c'è chi non ha niente, chi non può permettersi di vivere questa realtà a metà, e che paga sulla propria pelle il prezzo di una sfiducia generalizzata.
In mezzo a tutto questo, la politica si perde in chiacchiere, proclami, e finte promesse di incentivi che non arrivano mai. La proposta di abbattere l’IMU per i locatori non risolve il problema se non è accompagnata da una vera tutela per chi decide di affittare. È troppo comodo dire "dovete fare di più" senza fornire gli strumenti necessari per farlo. La piaga è profonda e il tempo delle parole è finito.
C'è un divario insormontabile tra chi ha e chi non ha, un muro di incomunicabilità che isola proprietari e inquilini, due mondi che non riescono a dialogare perché sono prigionieri delle proprie paure e frustrazioni.
Da un lato, il proprietario che teme di perdere il controllo della sua proprietà, di non essere tutelato dalla legge, di trovarsi intrappolato in un incubo burocratico senza fine. Dall'altro, chi cerca una casa, non un rifugio temporaneo, ma un posto da chiamare "casa", che si scontra con la diffidenza, con la sensazione di essere sempre di troppo, sempre un passo indietro rispetto alla sicurezza.
Non basta più parlare di incentivi fiscali, di agevolazioni o di "piani Marshall". Serve il coraggio di affrontare la realtà per quella che è: un sistema che non funziona, che divide invece di unire, che alimenta la paura invece di offrire soluzioni.
Fino a quando non ci sarà un cambio di passo, un atto di responsabilità collettiva, continueremo ad assistere a questa tragedia silenziosa, dove chi ha la casa se la tiene stretta e chi non ce l'ha resta a guardare da fuori, al freddo, invisibile, dimenticato.
La casa è un diritto, non un privilegio. E se non siamo in grado di garantire questo diritto, allora dobbiamo smettere di chiamarci una società civile.