Dietro le quinte del potere: Giovanni Giolitti, l'abile giocoliere della politica italiana (Parte II)

Storie e curiosità dei Presidenti del Consiglio italiani

  Cari lettori, bentornati al nostro approfondimento su Giovanni Giolitti, uno dei politici più influenti e longevi della storia italiana. Dopo aver esplorato i primi anni della sua carriera e il periodo dell'età giolittiana, ci concentriamo ora sui suoi successivi mandati e sull'impatto a lungo termine delle sue politiche. Dopo la parentesi tra il 1909 e il 1911, Giolitti tornò al potere nel 1911, inaugurando il suo terzo mandato da Presidente del Consiglio. Questo periodo fu segnato dalla guerra italo-turca, che portò all'acquisizione della Libia. La campagna militare, sebbene vittoriosa, fu costosa e controversa, attirando critiche sia sul fronte interno che internazionale. 

  La guerra italo-turca segnò un momento cruciale nella politica estera di Giolitti. Da una parte, rafforzò l'immagine dell'Italia come potenza coloniale, dall'altra, evidenziò le tensioni e i limiti dell'espansionismo italiano. La conquista della Libia fu vista come una vittoria di prestigio, ma le difficoltà di amministrare il nuovo territorio rivelarono le complessità della politica coloniale. Durante il suo quarto mandato (1920-1921), Giolitti affrontò un'Italia profondamente trasformata dalla Prima Guerra Mondiale. Il paese era segnato da crisi economiche, agitazioni sociali e crescenti tensioni politiche. Giolitti cercò di gestire questa situazione con il suo solito pragmatismo, promuovendo politiche di pacificazione sociale e cercando di mantenere l'ordine pubblico. Uno dei contributi più significativi di Giolitti durante i suoi mandati fu la riforma elettorale del 1912, che introdusse il suffragio universale maschile. Questa riforma rappresentava un passo avanti significativo nella democratizzazione del sistema politico italiano, estendendo il diritto di voto a una parte più ampia della popolazione. Tuttavia, il suffragio universale maschile fu anche una fonte di tensione, poiché ampliò la partecipazione politica in un periodo di forte instabilità. 

   La politica interna di Giolitti fu caratterizzata da un approccio pragmatico e spesso trasformista. Sebbene fosse un sostenitore delle riforme sociali, cercava di bilanciare le richieste delle varie fazioni politiche, mantenendo la stabilità del governo attraverso compromessi e alleanze strategiche. Questo approccio gli permise di navigare tra le tempeste politiche del tempo, ma lo espose anche a critiche di opportunismo e incoerenza ideologica. Il periodo post-bellico vide un aumento delle tensioni sociali in Italia, con scioperi, proteste e agitazioni operaie. Giolitti cercò di gestire queste tensioni attraverso una combinazione di concessioni e repressione. Promosse riforme a favore dei lavoratori, come l'introduzione della settimana lavorativa di otto ore, ma non esitò a utilizzare la forza quando ritenuto necessario per mantenere l'ordine pubblico. Il suo approccio alle tensioni sociali fu spesso controverso. 

  Da un lato, le riforme sociali introdotte durante i suoi governi contribuirono a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori italiani. Dall'altro, l'uso della repressione contro le proteste operaie sollevò critiche e accuse di autoritarismo. Questa dualità caratterizzò gran parte della sua carriera politica. Nonostante i successi, la carriera di Giolitti fu segnata da numerose critiche e controversie. Una delle principali critiche riguardava il suo uso del trasformismo, che molti consideravano un metodo per consolidare il proprio potere a discapito della coerenza ideologica. Questo approccio gli permise di mantenere la stabilità politica, ma lo espose anche all'accusa di opportunismo. Un'altra critica significativa fu il trattamento riservato ai movimenti socialisti e sindacali. Sebbene avesse promosso riforme a favore dei lavoratori, il suo governo fu spesso accusato di repressione nei confronti delle proteste operaie. In particolare, l'uso della forza contro gli scioperi e le manifestazioni fu un tema ricorrente di controversia. Giolitti tornò al potere per l'ultima volta nel 1920, in un periodo di grande instabilità. L'Italia era attraversata dal cosiddetto "Biennio Rosso", un periodo di intensi conflitti sociali e politici. Giolitti cercò di gestire questa situazione con il suo approccio pragmatico, promuovendo riforme sociali e tentando di negoziare con i movimenti sindacali. Tuttavia, la crescente polarizzazione politica e l'ascesa del fascismo crearono un contesto sempre più difficile per il suo stile di governo. 

  Nel 1921, Giolitti si ritirò definitivamente dalla politica attiva, lasciando un'eredità complessa e controversa. Giolitti era noto per il carattere riservato e la capacità di mantenere la calma anche nelle situazioni più difficili. Si racconta che fosse un grande appassionato di letteratura e che trovasse spesso rifugio nei libri per rilassarsi e riflettere. Era anche un abile giocatore di scacchi, un hobby che rifletteva la sua abilità strategica in politica. Un aneddoto interessante riguarda la gestione del potere. Era noto per la capacità di lavorare dietro le quinte, utilizzando abilmente la diplomazia e il compromesso per raggiungere i suoi obiettivi. Si dice che avesse una rete di informatori e collaboratori che gli permetteva di essere sempre ben informato e di anticipare le mosse dei suoi avversari. Giovanni Giolitti lasciò il governo nel 1921, dopo una lunga e influente carriera politica. La sua eredità è complessa e sfaccettata. Le riforme sociali ed economiche hanno contribuito a modernizzare l'Italia e a migliorare le condizioni di vita di milioni di italiani. Tuttavia, il suo approccio trasformista e il pragmatismo politico hanno suscitato dibattiti e critiche, con alcuni che lo accusano di opportunismo e mancanza di coerenza ideologica. Giolitti fu un leader che seppe adattarsi alle circostanze e trovare soluzioni pratiche ai problemi del suo tempo. La sua capacità di mediare tra diverse correnti politiche e di promuovere riforme concrete rimane un esempio significativo nella storia politica italiana. Cosa ci insegna Giovanni Giolitti oggi? La capacità di mediare tra diverse correnti politiche e di trovare compromessi per garantire la stabilità del governo è una lezione preziosa per i nostri tempi. In un'epoca di polarizzazione e conflitto politico, l'esempio di Giolitti ci ricorda l'importanza del dialogo e della ricerca di soluzioni condivise. L'attenzione alle riforme sociali ed economiche, e l'impegno per lo sviluppo infrastrutturale, sono temi di grande attualità. Giolitti ha dimostrato che il progresso richiede non solo visioni ambiziose, ma anche la capacità di implementare riforme concrete e sostenibili. Concludiamo qui il nostro secondo approfondimento su Giovanni Giolitti. 

  Il prossimo appuntamento sarà dedicato a Sidney Sonnino, un altro influente leader del periodo post-unitario. Continuate a seguirci per scoprire le curiosità e le vicende di questi straordinari personaggi. A presto!

Curiosità

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