In politica le dinastie contano, anche in Sardegna. Le famiglie spesso si intrecciano con le vicende istituzionali un po' come nel caso della famiglia Soru.
A distanza di vent'anni dal debutto di Renato Soru, l'ex governatore e magnate delle telecomunicazioni, nei corridoi del potere regionale, ecco spuntare un nuovo Soru pronto a calpestare l'arena politica. Ma attenzione a non cadere in errore: non stiamo parlando di un ritorno, bensì di un'esordio.
Camilla Soru, 41 anni, energica erede della dinastia, si fa strada nel Consiglio regionale sardo, ma non portando il vessillo del padre bensì quello, alquanto ribelle, del Partito Democratico, appoggiando l'esponente del M5S.
La vicenda assume contorni complessi se si considera che Renato, abbandonate le vesti di padre fondatore del PD (e non solo metaforicamente, visto il suo ruolo in Tiscali), ha deciso di gettarsi nella mischia delle regionali, schierandosi contro tutti, incluso il partito che aveva contribuito a creare, e, cosa ancora più succosa, contro la propria prole.
Camilla, dalla sua, con una mossa che sembra dire “ce la posso fare anche senza di te”, si è guadagnata un posto al sole con 3.600 voti, lasciando il padre a meditare sul terzo gradino del podio dei candidati governatori, escluso dalla festa.
Questa saga familiare, che ha visto padre e figlia non scambiarsi una parola per tutta la durata della campagna elettorale (e chissà, forse anche a colazione), si arricchisce di un capitolo che è molto più di una semplice "questione di famiglia". Camilla, con le idee chiare e la determinazione che probabilmente le scorre nelle vene, pone l'accento sulla sanità territoriale, promettendo di combattere per una medicina di base e di prossimità che ridia ai sardi la garanzia delle cure.
Ma non è solo la sanità a preoccupare la nuova leonessa del Consiglio regionale; Camilla, con uno sguardo critico verso il panorama politico femminile, auspica un maggior equilibrio di genere nelle istituzioni, non senza lanciare una stoccata al modo di gestire la città di Cagliari, che lascia, secondo lei, molto a desiderare rispetto a cinque anni fa.
E poi c'è la polemica, quella piccante, su Anita Sirigu, candidata che ha osato utilizzare il soprannome "Soru", scatenando l'ira di Camilla. Un episodio che, seppur marginale, dimostra quanto il cognome Soru sia diventato un brand politico, un simbolo di potere e, allo stesso tempo, di divisione.
In questa storia politica, Camilla Soru sembra voler scrivere il proprio copione, distaccandosi dall'ombra ingombrante del padre per proiettarsi verso un futuro dove la competenza e l'impegno, più che il cognome, definiscano il suo ruolo politico. Resta da vedere se questo nuovo capitolo della saga Soru sarà all'altezza delle aspettative o se si rivelerà un altro esempio di come, nella politica come nella vita, il passato sia sempre pronto a bussare alla porta.