Riforma del commercio, la Cisl presenta le sue proposte: “Il negozio di vicinato è presidio sociale, basta desertificazione urbana”

 Non è bastato il tempo, e nemmeno la retorica delle vetrine digitali, a cancellare il valore di una saracinesca che si apre ogni mattina in un piccolo quartiere. La Cisl lo sa bene, e lo ha ribadito con chiarezza al primo incontro del tavolo regionale convocato dall’assessorato del Turismo e Commercio per discutere la riforma del settore. L’appuntamento, svoltosi il 19 giugno, ha visto la partecipazione del segretario della Cisl di Cagliari Giuseppe Atzori, che ha consegnato all’assessore Franco Cuccureddu un documento fitto di contenuti e proposte operative.

Si parte dai fondamentali: lavoro, qualità dell’offerta, tutela del commercio di vicinato. “Veri e propri presidi di comunità – ha ricordato Atzori – che mantengono vive le reti sociali, garantiscono servizi nei quartieri e nei piccoli comuni, contrastano la desertificazione urbana e l’impoverimento del territorio”. Parole che suonano come un invito alla politica a non dimenticare ciò che resiste ancora, malgrado tutto, al dilagare della grande distribuzione e dell’anonimato economico.

Ed è proprio sulla grande distribuzione che il sindacato affonda il colpo: “Occorre introdurre una regolamentazione più stringente per la sua espansione, che negli ultimi anni ha contribuito a squilibri territoriali e alla crisi del commercio locale. Servono criteri di compatibilità territoriale e ambientale per i nuovi insediamenti, strumenti di valutazione dell’impatto economico e sociale e una pianificazione coerente con i piani urbanistici e le reali esigenze delle comunità”.

La visione proposta è di sistema. Una riforma del commercio, per la Cisl, non può limitarsi a una questione di orari e licenze. Deve toccare il lavoro, con stabilità occupazionale, formazione continua, valorizzazione delle competenze e applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni rappresentative. Deve riguardare le sinergie tra comparti: “Si mettano in piedi circuiti di vendita diretta tra agricoltori, artigiani e commercianti, botteghe multifunzionali nei borghi e nei paesi interni, sinergie con il turismo nelle strategie di promozione territoriale, marchi regionali e piattaforme digitali per il Made in Sardegna”.

La Cisl non dimentica gli strumenti tecnici: chiede la valorizzazione degli enti bilaterali, sostegni fiscali per il commercio di prossimità, un approccio tempestivo e strutturato nella gestione delle crisi. Né manca un richiamo alle sfide dell’e-commerce, per cui si invoca un accompagnamento concreto alle imprese sarde. “La Cisl sarda – ha concluso Atzori – è pronta a collaborare con la Regione e con tutti gli attori coinvolti per costruire una riforma che rafforzi il commercio come motore di sviluppo, presidio sociale, generatore di lavoro di qualità e promotore dell’identità economica e culturale della Sardegna”.

La partita è appena cominciata. Ma se il commercio sardo vuole tornare a contare, dovrà rimettere al centro proprio ciò che le multinazionali del consumo hanno cancellato: l’uomo, il mestiere, la bottega. E quel rapporto di fiducia antico quanto il saluto all’edicola ogni mattina.

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