La Sardegna piange e la rabbia si fa inchiostro. Una strada, quella statale 126 "Sud Occidentale Sarda", si è nuovamente tinta di rosso, non per il tramonto che colora le lande selvagge dell'isola, ma per il sangue di Maria Giulia Cirronis, 51 anni, psicologa rispettata, voce di conforto e mente analitica, strappata alla vita in un istante di follia meccanica.
È la cronaca di un pomeriggio che s'incupisce sotto il peso di un'ennesima tragedia, un bollettino di guerra quotidiano cui nessuno sembra poter sottrarsi. L'asfalto divenuto arena, l'auto della donna come un gladiatore in una lotta impari, ha incontrato la furia di un altro veicolo, guidato da un uomo di 33 anni, ora prigioniero dei suoi errori, in una stanza d'ospedale, corpo rotto, forse in cerca di un perdono che la scienza può concedere, ma la coscienza no.
Mentre gli agenti della polizia stradale di Carbonia si arrovellano nel tentativo di ricomporre la sequenza di eventi che ha trasformato una giornata di ordinaria esistenza in un requiem di lamiere e dolore, i vigili del fuoco si sono trasformati in archeologi del disastro, scavando tra le rovine per restituire dignità a chi dignità aveva donato.
Le sirene del 118 hanno squarciato il silenzio, inutile contrappunto al destino già scritto, e il loro operato, per quanto tempestivo e disperato, non è bastato. Resta il dolore, resta la rabbia, resta l'incredulità di fronte all'ennesimo sacrificio umano sull'altare della velocità e della distrazione.
Domande si affastellano, risposte tardano.
È il momento del lutto, è l'ora delle domande, è l'istante in cui la società si interroga, con amaro in bocca, su quando finirà questa epidemia di morte su quattro ruote. E mentre la Sardegna piange Maria Giulia, una cosa è certa: nessuna strada è mai stata costruita per diventare un cimitero a cielo aperto. Il rispetto, la prudenza, l'umanità devono tornare ad essere i faro che guidano ogni viaggio, breve o lungo che sia. Perché ogni vita spezzata è un fallimento collettivo, un grido che si perde nel vento, una lezione che ancora non abbiamo imparato.