C'è qualcosa di magico nel modo in cui le tappe "facili" del Giro sanno trasformarsi in teatro di
guerra. La tredicesima frazione, quella che sulla carta doveva essere una passerella per velocisti non
purissimi, nella pianura veneta, con qualche piccola insidia in salita, si è invece rivelata un
laboratorio di tattica e nervi, dove ogni secondo di abbuono pesava come oro e dove il danese Mads
Pedersen ha calato il suo poker vincente proprio quando tutto sembrava deciso.
Centoottanta chilometri da Rovigo a Vicenza, con quel sapore di provincia che sa tanto di ciclismo
d'altri tempi, quando le corse si decidevano nei dettagli e negli ultimi metri. Ma partiamo dall'inizio,
da quella fuga che ha preso forma dopo soli quattro chilometri, quando il gruppo - allungatissimo
come un serpente pigro sotto il sole di maggio - ha finalmente concesso spazio ai nove coraggiosi.
Nove uomini che non facevano paura alla maglia rosa di Isaac Del Toro, distanti tutti almeno
mezz'ora in classifica generale. Tra loro spiccava il nome di Chris Hamilton, staccato di soli 34
minuti, ma non certo un pericolo per il giovane messicano della UAE. E così la fuga ha preso il
largo, raggiungendo i due minuti e rotti di vantaggio, mentre dietro la Visma tesseva la sua tela
paziente.
Sul Passo Roverello, Mattia Bais ha mostrato le sue qualità da scalatore puro, precedendo Hamilton
e Mozzato. Tre punti preziosi per la classifica della montagna, in una gara dove ogni punto conta.
Ma il vero spettacolo doveva ancora iniziare.
È stato nei traguardi volanti che si è iniziata a scrivere la storia della giornata. Prima a Noventa
Vicentina, poi a San Bonifacio - la città natale dell'indimenticabile Davide Rebellin - Bais e De
Bondt si sono spartiti i punti della ciclamino, mentre Pedersen osservava dalla distanza, forte dei
suoi 177 punti che lo rendono quasi inarrivabile nella classifica riservata ai velocisti.
Ma il ciclismo è una scienza esatta solo sulla carta. Quando mancavano sessanta chilometri
all'arrivo, il vento laterale ha iniziato a sussurrare cattiverie all'orecchio del gruppo. La Ineos ha
fiutato l'occasione e ha iniziato il suo forcing spietato. In pochi chilometri il vantaggio della fuga si
è sciolto come neve al sole: da un minuto e mezzo a venti secondi nel giro di una manciata di
chilometri.
Il GPM di San Giovanni in Monte è diventato il palcoscenico perfetto per l'ultima fuga disperata.
Christian Scaroni, l'uomo dell'Astana che ha corso con il cuore in gola, e Lorenzo Germani si sono
giocati il tutto per tutto. Hanno scollinato insieme, con il gruppo a diciannove secondi, ma ormai la
partita era quasi chiusa.
L'epilogo sembrava scritto quando a dieci chilometri e mezzo dall'arrivo si è consumato il terzo
sprint intermedio. Juan Ayuso, il compagno di squadra di Del Toro, si sono mossi con la precisione
di chirurghi: sei secondi al fuggitivo, quattro ad Ayuso e due alla maglia rosa. Scaroni ripreso dopo
aver preso i 6”, gruppo compatto, tutto deciso negli ultimi metri di salita verso Vicenza.
Ma Romain Bardet e Mathias Vacek avevano altre idee. A otto chilometri e mezzo dal traguardo i
due si sono lanciati in un attacco generoso, portandosi fino a sedici secondi di vantaggio a cinque
chilometri dall'arrivo. Un'illusione durata fino agli ultimi seicento metri, quando la realtà del gruppo
li ha inghiottiti.
Ed è qui che Mads Pedersen ha tirato fuori dal cilindro il suo numero da prestigiatore. Negli ultimi
trecento metri il danese ha piazzato il suo sprint devastante, precedendo un Wout van Aert che ha
provato invano a replicare, e conquistando il suo quarto successo in questo Giro. Dietro di loro,
Isaac Del Toro ha dimostrato di avere non solo le gambe ma anche la testa del campione: terzo
posto e quattro secondi di abbuono che, sommati ai due dello sprint intermedio, significano sei
secondi guadagnati su tutti i rivali.
La classifica generale racconta di un Del Toro sempre più padrone della situazione: trentotto
secondi su Ayuso, un minuto e diciotto su Tiberi, un minuto e venti su Simon Yates. Il messicano
sta gestendo la sua maglia rosa con l'intelligenza di un veterano, nonostante i suoi appena ventitré
anni.
Ma il Giro è lungo e tortuoso come le strade che attraversa. Oggi Pedersen ha dominato nella
pianura venetaanche con l’arrivo in salita, Del Toro ha amministrato con classe, e tutti hanno capito
che in questa corsa rosa non c'è un metro di strada da sottovalutare. Nemmeno quando sulla carta
tutto sembra già deciso.
Domani si va verso nuove montagne, verso nuove battaglie. Ma la tredicesima tappa resterà nella
memoria come il giorno in cui Mads Pedersen ha calato il suo poker vincente, e Isaac Del Toro ha
dimostrato di saper giocare a scacchi anche quando tutti si aspettavano una partita a dama.