Nell'universo rugbistico, la figura di Rocco Caligiuri risplende come un faro di passione e abilità senza tempo, incarnando lo spirito indomito che oggi più che mai l'Italia cerca di riscoprire. L'anno scorso in cui abbiamo commemorato il decennale dalla sua scomparsa, la sua eredità si impone come un richiamo vibrante per l'ovale azzurro, specialmente in un periodo di sfide e incertezze per il rugby nazionale nonostante la recente vittoria storia al 6 nazioni.
Le gesta di Caligiuri sul campo, con la sua energia contagiosa, la precisione millimetrica e una sfacciataggine che spezzava le difese avversarie, rappresentano l'ideale a cui aspirare. La sua celebre "bombarda", quel calcio potente e chirurgico capace di mandare l'ovale esattamente dove serviva, è simbolo di una maestria che manca dolorosamente in questo momento di difficoltà per l'Italia, impegnata a ritrovare il proprio posto tra le potenze del Sei Nazioni.
Rocco Caligiuri, con le sue radici calabresi e il cuore romano, ha incarnato il rugby di un'epoca in cui, nonostante le risorse limitate e le sfide enormi, si giocava con un animo fiero e indomito. La sua carriera, svoltasi interamente nel Rugby Roma, lo ha visto emergere da semplice giocatore a leggenda, portando la sua squadra dalle profondità della Serie C fino alle vette della Serie A, sfiorando lo scudetto.
Con 26 presenze in Nazionale, Caligiuri è stato protagonista di un'Italia che combatteva con grinta e orgoglio, lasciando un segno indelebile nel panorama rugbistico.
Il ricordo delle sue prodezze, come i tre drop segnati in una sola partita contro la rappresentativa bantu del Transvaal a Johannesburg nel 1973, rimane un'esaltazione di ciò che il rugby può essere: uno sport di coraggio, lealtà e gioia pura, anche di fronte alle avversità.
Dopo il ritiro, la vita di Caligiuri ha continuato a essere intessuta nel tessuto del rugby, con la sua transizione nel mondo della ristorazione insieme a Diego Dominguez, testimoniando così un'altra faccia del terzo tempo, quel momento di condivisione e fraternità che segue ogni incontro.
La perdita della sua prodigiosa gamba sinistra, amputata a causa di problemi circolatori, e la sua scomparsa nel 2013 hanno lasciato un vuoto incolmabile. Eppure, la sua risposta scherzosa ai medici prima dell'amputazione: “Dotto’, ma quella gamba ha segnato tre drop ai sudafricani, non possiamo tagliare l’altra?“, rievoca l'indomito spirito con cui visse la sua vita e il suo sport: una lezione di resilienza e passione che continua ad ispirare.
Nel commemorare Rocco Caligiuri a cui è stato dedicato e domenica scorsa disputato il torneo interregionale under 16, non solo ricordiamo un grande atleta, ma anche un uomo che ha incarnato l'essenza più vera del rugby: il coraggio di affrontare le sfide, la forza di alzarsi dopo ogni caduta e la capacità di unire le persone con il proprio esempio. La sua eredità vive nel torneo a lui dedicato, un monito per l'Italia rugbistica di oggi a ritrovare lo spirito, l'energia e la precisione che caratterizzavano il gioco di Caligiuri. Perché, in questi tempi grami per l'ovale azzurro, è proprio dell'indimenticabile Rocco che abbiamo bisogno: per ricordarci che, nonostante le difficoltà, il rugby è prima di tutto cuore, passione e unione.