Santa Rita da Cascia, nata Margherita Lotti nel 1381 a Roccaporena, è una delle figure più venerate nel cattolicesimo, simbolo di resilienza, riconciliazione e fede incrollabile. La sua vita, segnata da sofferenze familiari, conversioni miracolose e fenomeni mistici, si intreccia con la storia sociale e religiosa dell’Umbria del XV secolo. Canonizzata nel 1900 da Leone XIII, è oggi conosciuta come la “santa degli impossibili” per i prodigi attribuiti alla sua intercessione.
Margherita Lotti nacque in una famiglia benestante di “pacieri”, figure incaricate di mediare tra le fazioni in lotta nel territorio di Cascia, all’epoca teatro di conflitti tra guelfi e ghibellini. Il ruolo dei genitori, Antonio e Amata, influenzò la sua vocazione alla riconciliazione, mentre il battesimo nella chiesa agostiniana di San Giovanni Battista segnò l’inizio di una formazione spirituale legata all’Ordine di Sant’Agostino. La tradizione colloca la sua nascita nel 1381, data riconosciuta ufficialmente da Leone XIII durante la canonizzazione, sebbene alcune fonti propongano il 1371.
A 12 anni, Rita fu data in sposa a Paolo Ferdinando Mancini, descritto come uomo violento e coinvolto nelle faide locali. Per 18 anni sopportò le sue crudeltà, pregando per la sua redenzione. La svolta avvenne quando Paolo, colpito dalle preghiere della moglie, abbandonò le ostilità, convertendosi a una vita di fede. Tuttavia, fu assassinato in un agguato, lasciando Rita vedova con due figli adolescenti. Temendo che questi cercassero vendetta, la santa chiese a Dio di prendere le loro vite piuttosto che macchiarle di sangue. Entrambi morirono di malattia poco dopo, evento interpretato come risposta alla sua preghiera.
Rimasta sola, Rita chiese di entrare nel monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena a Cascia, ma fu inizialmente rifiutata per il suo status di vedova. La tradizione racconta che, grazie all’intervento miracoloso dei santi Giovanni Battista, Agostino e Nicola da Tolentino, riuscì a varcarne le porte. Qui visse 40 anni in preghiera e penitenza. Nel 1442, durante la meditazione della Passione di Cristo, ricevette una stigmate sulla fronte: una spina della corona di Gesù si conficcò nel suo capo, causando una piaga purulenta che portò fino alla morte. Il fenomeno, documentato nella “cassa solenne” del 1457, divenne centrale nella sua iconografia.
Tra i prodigi attribuiti a Rita spiccano la rosa invernale e il fico rinverdito: poco prima di morire, chiese a una parente di portarle una rosa dal giardino di Roccaporena, coperto di neve. La donna trovò un fiore sbocciato e un albero di fico carico di frutti. Altri miracoli includono la guarigione di un cieco dalla nascita e la moltiplicazione dei pani durante una carestia. Dopo la morte (1457), il corpo non subì decomposizione e emanò un profumo dolce, fenomeno citato nei processi di canonizzazione.
Beatificata nel 1626, Rita fu proclamata santa da Leone XIII nel 1900, dopo il riconoscimento di due miracoli: la guarigione di una bambina dal vaiolo e quella di un uomo affetto da gastroenterite cronica. Oggi riposa nella basilica di Cascia, meta di pellegrinaggi globali. La sua festa (22 maggio) celebra un messaggio di pace nato dalle ceneri di guerre familiari e sociali, rendendola patrona delle cause disperate e modello di perdono.