Papa Leone II, ottantesimo vescovo di Roma, governò la Chiesa cattolica per un breve ma significativo periodo tra il 682 e il 683. Originario della Sicilia, la sua elezione e consacrazione furono segnate da ritardi legati alle dinamiche politiche dell’Impero bizantino, mentre il suo pontificato si concentrò sulla risoluzione di questioni teologiche e disciplinari cruciali, tra cui la condanna del monotelismo, la riconciliazione con la sede di Ravenna e l’anatema contro il predecessore Onorio I. Quest’ultimo aspetto, in particolare, ha alimentato dibattiti secolari sull’infallibilità papale, rendendo Leone II una figura chiave per comprendere l’evoluzione dottrinale della Chiesa medievale.
Leone II nacque in Sicilia, probabilmente a Messina, sebbene alcune fonti suggeriscano un’origine calabrese. La sua formazione fu caratterizzata da una profonda conoscenza del greco e del latino, competenze che gli permisero di distinguersi come membro della Schola Cantorum lateranense, dove contribuì alla liturgia e al canto sacro. Alla morte di Papa Agatone nel gennaio 681, Leone fu eletto come successore, ma la sua consacrazione avvenne solo il 17 agosto 682, dopo un ritardo di diciotto mesi. Questo intervallo fu determinato dalla necessità di ottenere l’approvazione dell’imperatore bizantino Costantino IV, il quale voleva assicurarsi che Leone accettasse integralmente le decisioni del VI Concilio Ecumenico di Costantinopoli (680-681), compresa la condanna di Papa Onorio I.
Il rapporto tra Roma e Costantinopoli era allora teso a causa delle dispute dottrinali sul monotelismo, un’eresia che negava la volontà umana di Cristo. L’imperatore, pur cercando di ripristinare l’unità ecclesiastica, impose un controllo rigoroso sulle elezioni papali, richiedendo l’exequatur imperiale prima di qualsiasi consacrazione. Questo meccanismo sottolineava la subordinazione politica della Chiesa all’autorità bizantina, un fattore che avrebbe influenzato anche il successivo Concilio in Trullo (692), convocato senza consultare Roma.
Il VI Concilio Ecumenico, conclusosi nel 681, aveva sancito la condanna del monotelismo e dei suoi sostenitori, incluso Papa Onorio I (625-638), accusato di aver avallato l’eresia attraverso ambigui compromessi. Leone II, ricevuti gli atti conciliari, scrisse numerose lettere per ratificare le decisioni, definendo Onorio colpevole di aver «tentato di sovvertire la fede immacolata con profondo tradimento» (profana proditione immaculatem fidem subvertere conatus est). Questa formulazione, se da un lato ribadiva l’ortodossia, dall’altro sollevò interrogativi sulla natura dell’infallibilità papale, poiché un pontefice veniva formalmente accusato di eresia. Gli storici sottolineano come Leone mitigò il tono nelle lettere indirizzate ai vescovi spagnoli, limitandosi a descrivere Onorio come «colui che permise alla dottrina immacolata di essere macchiata».
La condanna di Onorio I divenne un caso studio nei successivi dibattiti teologici, specialmente durante il Concilio Vaticano I (1870), quando fu invocata dai critici dell’infallibilità. I sostenitori della dottrina risposero argomentando che Onorio non aveva espresso un’opinione ex cathedra, ma semplicemente fallito nel contrastare l’eresia, mantenendo così intatto il principio dell’infallibilità. Leone II, in questo contesto, agì non come giudice di un predecessore, ma come esecutore delle decisioni conciliari, evidenziando il ruolo del papa nel preservare l’unità della Chiesa attraverso l’adesione ai concili ecumenici.
Un’altra sfida del pontificato di Leone II fu la controversia con la diocesi di Ravenna, la quale, sotto il vescovo Mauro, rivendicava autonomia da Roma basandosi su un editto dell’imperatore Costante II (664). La sede ravennate, strategicamente importante per i legami con Bisanzio, cercava di evitare la consacrazione papale per i propri vescovi. Leone riuscì a revocare il privilegio imperiale, riaffermando la supremazia romana attraverso una combinazione di pressioni diplomatiche e sostegno imperiale. Questo successo consolidò il centralismo papale e prevenne potenziali scismi nell’Italia bizantina.
Leone II morì il 3 luglio 683, dopo meno di un anno di pontificato, e fu sepolto nell’antica basilica di San Pietro. La Chiesa cattolica lo venera come santo, commemorandolo il 3 luglio, data indicata nel Martirologio Romano per la sua «eloquenza, amore per i poveri e difesa della fede». Le fonti agiografiche ne esaltano l’umiltà e la dedizione liturgica, attribuendogli anche riforme nel canto ecclesiastico.
Papa Leone II emerse come figura di transizione tra l’epoca dei concili ecumenici e il rafforzamento dell’autorità papale. La sua adesione alle decisioni di Costantinopoli, pur nel rispetto della tradizione romana, dimostrò la capacità della Chiesa di mediare tra potere imperiale e autonomia dottrinale. La condanna di Onorio I, sebbene controversa, sottolineò l’importanza della correttezza teologica rispetto alla continuità istituzionale. Infine, la riconquista di Ravenna anticipò quelle politiche di centralizzazione che avrebbero caratterizzato il papato medievale. La brevità del suo regno non ne offusca, dunque, il ruolo cardine nella storia ecclesiastica del VII secolo.