L’Italia post-fascista: quando il fantasma del Duce si trasforma in uno strumento di lotta politica

  La storia della Repubblica italiana si apre su un crollo fragoroso, quello del fascismo, e con una volontà collettiva di voltare pagina, rifondare il Paese su basi democratiche e, soprattutto, di gettare nell’oblio quel Ventennio che l’aveva legata al fascismo. Tuttavia, la volontà di molti di sradicare il passato non è bastata a cancellarlo. Anzi, proprio sul fantasma del fascismo, la politica italiana ha costruito una delle sue retoriche più persistenti: ogni volta che uno schieramento non riesce a contrastare l’avversario sul piano delle idee, ecco che rispolvera lo “spauracchio fascista”. 

  Dal 1946 ad oggi, questo fantasma ha continuato a risorgere ciclicamente, anche se l’Italia ha conosciuto un’eccezionale crescita economica e si è avviata verso una stabilità politica finalmente repubblicana e democratica. Eppure, il fascismo è stato sempre tenuto lì, pronto all’uso, in una sorta di reliquiario politico a cui attingere nei momenti di crisi o di perdita di consenso.

  Gli eredi politici, in realtà, non mancavano: lo testimoniano i partiti come il Movimento Sociale Italiano (MSI), che portava la fiaccola del fascismo in Parlamento. Ma è stato davvero pericoloso come si sosteneva, o era più comodo per una certa sinistra tenerlo vivo, in modo da poter avere sempre un nemico ideologico contro cui combattere? Nel 1960, a Genova e in altre città, gli scontri contro il congresso del MSI segnalano che, per molti italiani, il fascismo era tutt’altro che dimenticato. I nostalgici erano una realtà, ma forse più come simbolo identitario che come reale forza d’azione politica. 

  Eppure, nei decenni successivi, la narrazione ha continuato a muoversi sempre su questo doppio binario: da un lato, l'MSI stesso ha saputo costruire la sua immagine utilizzando il fascismo come retorica di lotta contro il sistema, mentre dall’altro la sinistra ha saputo consolidare il mito dell’“antifascismo eterno”, quasi a voler congelare il Paese in un perenne scontro ideologico tra fascismo e democrazia. Con gli anni Settanta, l’antifascismo assume un ruolo quasi religioso: la società è spaccata, le piazze ribollono di violenza, e i giovani delle Brigate Rosse urlano ai fascisti da eliminare come nemici del popolo. Ma chi erano davvero questi “fascisti”? Talvolta, erano semplicemente coloro che si opponevano alla violenza di sinistra. 

  L’etichetta di “fascista” viene estesa a chiunque non si riconoscesse nella sinistra rivoluzionaria: piccoli imprenditori, giornalisti, politici, persino operai che non aderivano alla linea marxista. Ed è così che il fantasma del fascismo viene usato come strumento per giustificare una repressione ideologica, una demonizzazione dell’avversario senza mezzi termini. Questa demonizzazione si riflette nelle parole di chi intellettualmente sostiene che il fascismo sia un male intrinseco della destra italiana, ignorando volutamente che molti cittadini conservatori si oppongono tanto al fascismo quanto al comunismo. 

  La politica italiana, così, continua a vivere in un universo dove i riferimenti all’Italia del Duce servono solo a rinforzare la posizione di chi se ne dichiara oppositore, e l’accusa di fascismo diventa un’arma senza tempo, persino slegata dai suoi contenuti storici. Con la caduta del Muro di Berlino, l’Italia si avvia verso una nuova stagione politica. La fine della Prima Repubblica, i partiti storici che cadono come mosche sotto i colpi di Tangentopoli, il sorgere di nuove formazioni politiche e la crescente insoddisfazione popolare per una classe dirigente corrotta: tutto sembra segnare una rinascita. Ma non per tutti. Alcuni nostalgici della vecchia sinistra guardano con sospetto la nascita di Forza Italia e l’alleanza con partiti come Alleanza Nazionale, evoluzione del vecchio MSI, che portano dentro di sé una tradizione di destra nazionale. 

  Ecco che l’accusa di “fascismo” viene riproposta, stavolta contro Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, ora protagonisti di una destra moderna e più democratica. In questo periodo, accusare di fascismo non è più solo un modo per attaccare il nemico politico: è un tentativo di negare la legittimità stessa della nuova destra italiana. Ma lo spettro del fascismo comincia a perdere forza. Se prima i giovani si identificavano in un antifascismo militante, ora questa lotta appare sempre più come un retaggio, un’arma spuntata per chi non sa affrontare la modernità. Oggi, con l’Italia giunta alla cosiddetta Terza Repubblica, l’accusa di fascismo sembra essere diventata una pratica quasi meccanica, svuotata di significato. Ogni qualvolta un politico di destra parla di ordine, sicurezza o difesa dei confini, ecco che spunta fuori il solito epiteto. “Fascista!”. Ma chi è il fascista, oggi? Giorgia Meloni, Matteo Salvini, chiunque osi parlare di nazionalismo, di identità italiana? In un mondo sempre più globalizzato, dove la sovranità nazionale è minacciata da interessi sovranazionali e la pressione migratoria mette a dura prova il tessuto sociale, evocare ancora il fascismo come spauracchio sembra un tentativo maldestro di evitare una discussione più profonda e articolata. 

  Paradossalmente, oggi l’accusa di fascismo sembra più una forma di difesa per chi non vuole affrontare le reali questioni del nostro tempo: la crisi economica, la perdita di sovranità, le trasformazioni culturali. Ecco perché l’uso strumentale del “fantasma del fascismo” non è solo controproducente, ma profondamente offensivo. È offensivo verso chi il fascismo l’ha vissuto davvero, verso chi ha combattuto per la libertà e per la democrazia, e verso i giovani italiani che cercano risposte e si trovano davanti solo vecchie etichette prive di contenuto. L’Italia di oggi non è più l’Italia del fascismo, eppure c’è chi preferisce continuare a vedere l’ombra del Duce su ogni scelta politica che non sia allineata con un pensiero progressista. È un’ossessione che non fa bene a nessuno, nemmeno alla sinistra che cerca di brandire questo spauracchio. Perché, alla fine, ciò che resta è solo una retorica stanca, che allontana i cittadini dalla politica invece di avvicinarli, che semina sospetto anziché comprensione, e che rafforza solo un sistema politico incapace di guardare al futuro.

Attualità

Baba Vanga: quali sono le profezie e le previsioni per il 2025
Si avvicina la fine dell'anno, e con essa la tradizionale serie di previsioni del "Nostradamus dei Balcani": la leggendaria indovina Baba Vanga. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, Vangelia Pandeva Gushterova, nota come Baba Vanga, era una indovina nata nel 1911 e che aveva presunte capacità profetiche.Cieca fi...

America First: Trump, la Russia e un’Europa in bilico
  Tra i tanti temi che segnarono la presidenza di Donald Trump, il rapporto con la Russia occupa un posto centrale. Fin dal suo insediamento, le relazioni con Mosca sollevarono interrogativi e controversie, alimentate sia dalle dichiarazioni di Trump sia dalle dinamiche geopolitiche che presero forma durante il suo mandato. L’Europa, da sempre...

Unci AgroAlimentare, Scognamiglio: passi in avanti in Europa per tutela pesca
  “A Bruxelles è necessario costruire nuovi indirizzi a tutela dei lavoratori e delle imprese della pesca”. Così Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dell'Unci AgroAlimentare. “Prosegue l'impegno del governo – continua il dirigente dell'associazione di categoria del mondo cooperativistico – e in particolare del ministro Lollobrigida,...

Ilaria Salis e l’immunità: quando la politica diventa il rifugio dei furbi
  Siamo alle solite. Ilaria Salis, eurodeputata dell'Alleanza Verdi e Sinistra, sembra aver trovato nel Parlamento Europeo il posto ideale per dribblare la giustizia e consolidare il suo personalissimo fortino. Eletta tra squilli di tromba e retorica anti-establishment, la Salis non perde occasione per dimostrare che i privilegi della politica...

Alghero, tra palle rosse e balle quadrate: il grande spettacolo del Natale
  Che spasso all’Alguer! Finalmente hanno acceso l’albero di Natale, battezzato con affettuosa ironia "due palle…rosse". Dopo il ritardo dovuto al meteo, ieri l’evento ha avuto luogo e chi poteva mancare sotto a stringere mani e dispensare sorrisi se non Mimmì, sempre pronto a fare il padrone di casa? Eppure, ad Alghero l’atmosfera non era ...

Il silenzio della laurea: perché rinunciare alla discussione pubblica è un errore
  Si può cancellare un rito senza perdere il significato? È questa la domanda che aleggia dietro la proposta di eliminare la discussione pubblica della tesi di laurea all’Università di Sassari. La tesi verrebbe ancora scritta, certo, valutata in silenzio da una commissione, e il voto annunciato durante una cerimonia di proclamazione. Fine dell...

Trasporti aerei: l’assessora Manca difende l’operato, ma il dibattito resta acceso
  L’assessorato dei Trasporti della Regione Sardegna torna sotto i riflettori, stavolta per difendere il suo operato in merito alla continuità territoriale aerea. Le parole dell’assessora Barbara Manca giungono puntuali dopo settimane di malcontento crescente tra gli utenti, segnale di una tensione che va oltre il disservizio tecnico: riguarda...

L’impero del politicamente corretto: la cultura woke e la deriva occidentale
  Nata nelle università e nelle metropoli costiere americane, la cultura woke si è imposta come un movimento di consapevolezza sociale, ma sta mostrando crepe profonde, perfino nel cuore della sua genesi. Inizialmente concepita come un mezzo per affrontare le storture storiche – dalla schiavitù alla discriminazione razziale – questa corrente i...

Energia, imposizioni esterne e consapevolezza mancata: la Sardegna secondo "Repùblica"
  Nel comunicato diffuso il 9 dicembre 2024, “Repùblica” – forza politica indipendentista costituitasi a giugno di quest’anno – svela un quadro in cui la Sardegna sembra non avere ancora piena cognizione di sé. Il testo non fa giri di parole nel descrivere la regione come un’entità rassegnata: l’approvazione del Decreto Legge n. 45, che dovreb...