Giustizia per Leonardo: Il grido di una madre contro il silenzio del bullismo

  Viktoryia Ramanenka, madre di Leonardo Calcina, il quindicenne di Marzocca di Senigallia che ha deciso di togliersi la vita, racconta con dolore e rabbia la storia di suo figlio. Una storia di bullismo, ignorata dalle istituzioni scolastiche, che ha portato a una tragica conclusione. Leonardo era un ragazzo pieno di sogni: amava lo sport, il nuoto, il judo, e desiderava indossare una divisa, magari quella dei vigili del fuoco o della marina militare. Ma i suoi sogni si sono infranti la sera del 13 ottobre, quando ha deciso di mettere fine alla sua vita, spinto in un angolo dalla crudeltà di alcuni compagni di scuola. "Mamma ti lovvo", le diceva sempre Leo, creando un cuore con le dita, un gesto che era il loro segreto, un piccolo rituale quotidiano. Ma dietro quel gesto d’affetto si celava un inferno che Leonardo non riusciva a condividere completamente.

  L'avevano preso di mira tre compagni di classe, lo umiliavano con oscenità e offese sessuali. Leonardo aveva cercato aiuto, parlando con i professori, ma le sue richieste sembravano cadere nel vuoto. "Andiamo dai carabinieri", gli diceva la madre, ma Leonardo, sperando che tutto si risolvesse, aveva preferito aspettare. Il 10 ottobre, tre giorni prima della tragedia, Leo era tornato a casa con un barlume di speranza. "Ho fatto l’uomo", aveva detto alla madre, raccontandole di aver stretto la mano a uno dei suoi bulli. Ma quella pace apparente era stata solo un'illusione. Il giorno dopo, Leonardo era tornato a casa angosciato, silenzioso, e il giorno successivo, la domenica sera, si è tolto la vita con la pistola del padre, presa dalla cassaforte. Ora, Viktoryia cerca risposte, ma soprattutto giustizia. "Dov’erano tutti quando Leo aveva bisogno?", si chiede, con una rabbia che si mischia al dolore. "Adesso è troppo tardi per le scuse", dice, riferendosi al preside che le ha fatto le condoglianze al funerale. Per lei, i bulli che hanno tormentato Leonardo devono affrontare le conseguenze delle loro azioni, e chi, tra i professori, non ha ascoltato suo figlio, deve rispondere davanti alla giustizia. Il dolore di questa madre è quello di chi ha perso tutto, ma non vuole che ciò che è accaduto a Leonardo si ripeta.

  "Non bisogna chiudere gli occhi davanti al bullismo", afferma con determinazione. La sera prima del tragico gesto, Leonardo aveva passato una serata tranquilla, guardando One Piece, una serie che parla di pirati e avventure. Ma il giorno successivo non ha più telefonato alla madre, come faceva ogni sera per augurarle la buonanotte. Alle 20:40 è stato Francesco, il padre di Leonardo, a chiamare Viktoryia, informandola della scomparsa del figlio e della pistola mancante. Leo aveva pianificato tutto. Aveva disattivato la telecamera che puntava all'armadio dove era custodita l'arma. La sua decisione era presa. Nella bara, Viktoryia ha voluto mettere gli AirPods di Leo e l’orsacchiotto Teddy, come per dargli un ultimo abbraccio. Ma una domanda continua a tormentarla: "Perché non mi ha chiamato quella sera? Forse sarei riuscita a fermarlo". Ora, la madre di Leonardo chiede giustizia, affinché il sacrificio di suo figlio non sia stato vano. Il bullismo, per troppo tempo ignorato, deve essere affrontato con serietà e responsabilità. Leonardo sognava una vita in divisa, ma quel sogno è stato infranto da chi lo ha deriso e umiliato.

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