Salvini in Sardegna: Il ministro del nord che vuole insegnare ai sardi come fare

  Matteo Salvini, vice premier e ministro delle Infrastrutture, ha deciso di fare della Sardegna il suo personale campo di battaglia politico, promettendo di "recuperare decenni di ritardo". E così, tra un sopralluogo e l'altro, il ministro ha trovato il tempo di dichiarare che la sua presenza nell'isola non sarà un episodio isolato: "Da che mi sono insediato come ministro sono venuto una dozzina di volte in Sardegna, tornerò mercoledì, ma tornerò soprattutto dopo il voto". 

  Parole che suonano come un impegno, ma anche come una sfida lanciata ai sardi e ai loro voti, in un contesto che lui stesso ha definito un "referendum tra Lega e M5s, tra futuro e passato". La visita di Salvini in Sardegna, tuttavia, solleva un'arcana questione: da quando in qua un ministro del Nord si sente in dovere di venire a fare lezione di sviluppo nel Mediterraneo? Non è forse un atteggiamento un po' paternalistico, se non addirittura colonialista, quello di presentarsi come il salvatore di un'isola che ha una sua dignità, una sua storia e, soprattutto, le sue complesse problematiche? L'agenda di Salvini è fitta: dopo il sopralluogo alla Statale 195 "Sulcitana", il ritorno per un evento a Cagliari con la premier Giorgia Meloni e altri esponenti del governo, fino all'ultimo giorno prima del silenzio elettorale. 

  "Bisogna recuperare decenni di ritardo perché da Roma la Sardegna era troppo lontana", afferma con una certa enfasi, quasi a voler sottolineare una presunta vicinanza ritrovata sotto la sua egida. Eppure, non può sfuggire una certa ironia nel sentir parlare di "ritardi" e "distanze" da un esponente di un governo che, per molti sardi, rappresenta ancora l'epicentro di una centralità romana spesso sorda alle esigenze periferiche. 

  Salvini promette di "accelerare" sui cantieri e di portare a Bruxelles il dibattito sulla continuità territoriale, ma non si può non notare un certo scetticismo, se non un velato disappunto, nell'aria. La domanda che sorge spontanea è: può davvero un ministro "testone", come si autodefinisce Salvini, comprendere e risolvere le annose questioni che affliggono l'isola? O la sua è solo un'altra passerella elettorale, un tentativo di sedurre un elettorato con la promessa di un futuro migliore, sotto la guida illuminata di chi viene "da fuori"? Non si discute l'importanza di affrontare i problemi infrastrutturali e di mobilità che limitano la vita quotidiana dei sardi, ma forse, prima di promettere mari e monti, sarebbe opportuno ascoltare con umiltà quelle voci insulari che da anni cercano soluzioni, lavorando nel silenzio e nell'ombra, lontano dai riflettori della politica nazionale. 

  In conclusione, mentre Salvini si appresta a tornare in Sardegna "dopo il voto", molti sardi si chiedono se le sue saranno parole al vento o se porteranno a concreti cambiamenti. Nel frattempo, l'isola continua a navigare nelle sue acque, tra speranze e disillusioni, forse aspettando che qualcuno, finalmente, riesca a colmare quella "distanza" che non è solo geografica, ma anche e soprattutto politica e culturale.

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