Niente più mountain bike sui sentieri della Sella del Diavolo. Il decreto è scattato: vietato pedalare sul promontorio simbolo di Cagliari. Le bici potranno circolare solo su pista ciclabile o terreno artificiale, nel tratto compreso tra il faro di Sant’Elia e il fortino di Sant’Ignazio. Per chi sgarra, multe fino a 516 euro.
La decisione arriva dopo un’istruttoria tecnica lunga e, pare, molto approfondita. Gli esperti hanno certificato quello che i cagliaritani sapevano già: la Sella è fragile. Troppo fragile per sopportare l’assalto quotidiano di escursionisti, runner e ciclisti. L’erosione avanza, il terreno cede, e un colpo di pedale di troppo può diventare una ferita difficile da rimarginare.
Il decreto aggiorna l’articolo 5 sulla tutela dell’equilibrio ecologico e idrogeologico dell’area. Parole che suonano burocratiche, ma che nascondono un concetto semplice: la natura non è un parco giochi.
Certo, si può discutere se vietare del tutto le bici sia la soluzione giusta. Forse servivano percorsi dedicati, regole chiare, controlli veri. Ma il punto è che, quando non si riesce a gestire, si proibisce. È la scorciatoia più antica del mondo.
La Sella del Diavolo, del resto, è un luogo che vive di equilibrio: roccia e mare, storia e leggenda. Qui, secondo il mito, Lucifero perse la battaglia contro l’arcangelo Michele e cadde sul promontorio, lasciando impressa la forma della sua sella. Oggi, a cadere, rischia il suolo stesso — e non per colpa degli angeli, ma degli uomini.
Si dice che i divieti servano a proteggere. A volte è vero. A volte, invece, servono solo a ricordarci che quando la natura si difende, lo fa a modo suo. E non c’è cartello di divieto che tenga.