Il 21 settembre si è aperta la nuova stagione venatoria. Stesso copione: fucili carichi, animali abbattuti, incidenti che ogni anno lasciano morti e feriti. Poco importa – denunciano le associazioni ambientaliste – al Governo Meloni e alla maggioranza che lo sostiene.
Sul tavolo del Senato c’è il disegno di legge n. 1552, firmato da Malan, Romeo, Gasparri e Salviti, che punta a riscrivere la normativa del 1992 sulla fauna selvatica. Il testo, figlio politico del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, cacciatore di famiglia, non è stato presentato formalmente dal Governo perché giudicato troppo indigesto. Ma, passato ai gruppi parlamentari di centrodestra, è stato addirittura inasprito dagli emendamenti.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), con la voce di Stefano Deliperi, non usa giri di parole: «Il disegno di legge n. 1552 è semplicemente stomachevole». E ancora: «Punta a eliminare il divieto di caccia nelle foreste demaniali, consente di riaprire gli impianti per la cattura degli uccelli migratori con le reti, cancella la chiusura obbligatoria della stagione entro la prima decade di febbraio, riduce le aree naturali protette per consentirvi la caccia». Una «oscena proposta di legge», la definisce il GrIG, «solo l’ultima indecenza a favore dei cacciatori e in danno della fauna selvatica e della sicurezza pubblica».
Sul fronte opposto, 55 associazioni ambientaliste e animaliste hanno già chiesto a senatori e deputati di respingere il testo. L’esame in Aula è fissato per il 21 ottobre.
Non si gioca però a campo unico. Due giorni fa, il 19 settembre, le associazioni ENPA, LAC, LAV, Animalisti Italiani, LNDC Animal Protection e OIPA, con il sostegno del GrIG, hanno depositato al Senato una proposta di legge di iniziativa popolare, corredata da oltre 53 mila firme. Obiettivo: l’abolizione della caccia. Sarà discussa in Parlamento nello stesso momento del disegno di legge della maggioranza.
Deliperi parla di «patetico clientelismo elettorale» e di fondi pubblici «elargiti senza controllo» per sostenere una «minoranza corporativa venatoria». E chiude con l’affondo: «Basta con questa caccia sciagurata!».
Lo scontro, insomma, è aperto. In Parlamento e nel Paese. Da una parte il fronte pro-caccia sostenuto dal Governo, dall’altra un movimento che rivendica di rappresentare la maggioranza degli italiani. Sarà il Senato a decidere chi avrà la meglio.