Trent’anni fa, il 15 settembre 1995, 189 Paesi sottoscrissero la Dichiarazione di Pechino, documento che tracciava le linee guida per uguaglianza di genere e diritti delle donne. Oggi, a distanza di tre decenni, la UIL Sardegna ricorda quell’impegno, ma denuncia come la strada sia ancora lunga.
I dati elaborati dal sindacato parlano chiaro. Nel 2024 il tasso di occupazione femminile resta inferiore a quello maschile di 17,8 punti percentuali, il più basso d’Europa. Una donna su tre lavora part-time, spesso non per scelta. Sul fronte retributivo, nel 2023 gli stipendi femminili sono stati mediamente più bassi del 29,5% rispetto a quelli maschili, con un divario che per le operaie arriva al 40%.
In Sardegna la fotografia è ancora più netta: tasso di occupazione femminile fermo al 52,4% (contro il 56,5% nazionale), retribuzione oraria media di 12,4 euro a fronte dei 16,4 della media italiana, e un part-time involontario al 23,4%, tra i livelli più alti del Paese.
«Non possiamo limitarci a celebrare un anniversario – afferma Fulvia Murru, segretaria generale UIL Sardegna –. È necessario agire con decisione: il contributo delle donne al mondo del lavoro significherebbe non solo giustizia sociale, ma crescita economica per l’intera collettività». Secondo la UIL, colmare il divario di genere potrebbe far crescere il PIL europeo fino al 9,6% entro il 2050, con un impatto da trilioni di euro.
Per il sindacato i nodi da affrontare sono precisi: rafforzare i servizi di sostegno alle famiglie, sostenere i percorsi formativi STEM per le ragazze, incentivare lavoro stabile e tutelato, combattere le distorsioni del mercato che costringono a scelte non libere.
«Al ritmo attuale – conclude Murru – servirebbero oltre 120 anni per raggiungere la piena parità di genere in Italia. Troppo tempo. Le nostre bambine, ragazze e donne devono potersi immaginare protagoniste in ogni ruolo economico e sociale, e contare su percorsi reali per trasformare i loro sogni in realtà».