Scene da girone dantesco, ma senza metafore. Ieri nei pronto soccorso di Cagliari si è vissuta l’ennesima giornata da incubo. Dal Santissima Trinità al Brotzu, fino al Policlinico di Monserrato, è bastato poco per mandare il sistema in tilt. E quel poco si chiama emergenza.
Decine di ambulanze ferme per ore nei piazzali, senza possibilità di scaricare i pazienti. Dentro, camere calde piene come uova e attese che arrivavano anche a otto ore. Una vera odissea, che si ripete con cadenza fin troppo regolare.
In serata la situazione si è sbloccata leggermente, ma non al Duilio Casula. Alle 21 c’erano ancora tre codici rossi, diciotto arancioni e una folla di codici verdi e bianchi che non si contavano più. «I più gravi hanno la priorità», dicono. Ma intanto le ore passano. E i pazienti restano lì, seduti, sdraiati, accasciati.
Il problema non è solo il flusso. È la struttura. Mancano letti, mancano medici, manca tutto. Un organico «sotto il livello di guardia in maniera preoccupante», come ormai ammettono anche i sanitari. Il sistema è fragile. Basta un picco – un’emergenza, un’intossicazione di gruppo, una giornata con troppo caldo – e salta tutto.
Si parla di sanità pubblica, ma si va avanti col fiatone. E intanto le ambulanze aspettano fuori. I pazienti dentro. E la fiducia, quella, se n’è andata da un pezzo.