È un grido d’allarme quello lanciato dal Centro Studi Agricoli, che interviene con decisione contro l’ipotesi allo studio a Bruxelles di accorpare i fondi della Politica Agricola Comune (PAC) con quelli della politica di coesione nel prossimo bilancio europeo post-2027. Una prospettiva che, se attuata, secondo il presidente Tore Piana rappresenterebbe un “gravissimo rischio per la Sardegna”, regione che già sconta debolezze strutturali e una cronica fragilità del settore primario.
Per il Centro Studi Agricoli, l’accorpamento significherebbe di fatto svuotare la PAC della sua funzione originaria: non più uno strumento dedicato esclusivamente al sostegno dell’agricoltura, ma un contenitore indistinto di risorse, esposto a logiche concorrenziali tra settori e territori. La conseguenza immediata sarebbe una minore efficacia delle politiche a favore degli agricoltori e degli allevatori, soprattutto nelle aree periferiche e interne come quelle sarde, dove ogni euro ha un peso specifico nella sopravvivenza delle aziende.
La denuncia non si limita agli effetti sul piano economico, ma riguarda anche il metodo e le scelte politiche. “Serve un fronte compatto per dire no a questa proposta e difendere con forza gli interessi del nostro mondo rurale”, afferma Piana. Da qui la domanda, tanto esplicita quanto politicamente pesante: “Perché l’assessore regionale all’Agricoltura Gianfranco Satta non prende posizione? Si rende conto dei rischi che l’agricoltura e l’allevamento della Sardegna correranno se passasse l’accorpamento dei fondi?”
Il Centro Studi Agricoli richiama tutte le istituzioni competenti a uscire dall’ambiguità e a schierarsi chiaramente. In particolare, viene sollecitato un intervento autorevole della presidente della Regione Alessandra Todde, affinché la voce della Sardegna sia presente e determinata nei tavoli comunitari. Perché, come si legge nel documento diffuso, “senza la PAC migliaia di aziende agricole rischiano il collasso, e l’abbandono delle terre potrebbe diventare irreversibile”.
La questione, dunque, non è soltanto tecnica o finanziaria, ma politica e sociale. Dietro la ridefinizione delle linee di bilancio dell’Unione Europea si giocano i destini di intere aree marginali e la sopravvivenza del modello agricolo sardo. Il silenzio, oggi, pesa quanto un errore. E la Sardegna – avverte il Centro Studi – non può permettersi né l’uno né l’altro.