Sardegna, indennizzi per la blue tongue: l'assessore Satta annuncia cifre raddoppiate, ma il sistema resta malato

Le epidemie passano, i pastori restano. E restano con i conti da chiudere, le bestie da sostituire, i debiti con i mangimisti, e spesso anche con lo Stato. È in questo contesto che, oggi 29 maggio, si è riunito il cosiddetto “tavolo verde”, la liturgia con cui la Regione sarda cerca di rendere presentabile il disastro della gestione agricola. Stavolta l’oggetto della celebrazione era la blue tongue, l’ennesima calamità virale che ha decimato greggi e complicato ancora di più la vita nei campi. E per la quale, adesso, si promettono indennizzi più alti. Quasi il doppio rispetto al passato.

Trecento euro per ogni capo morto iscritto al libro genealogico, duecentodieci per quelli non iscritti e otto euro a capo presente nel momento della segnalazione del focolaio. Questa, la griglia degli importi stabilita dal tavolo tecnico interassessoriale. A raccogliere le domande e pagare sarà, come sempre, l’Agenzia Laore. Ma prima servono i dati dalla Sanità. E allora si aspetta. Ancora. “Entro giugno”, si dice. Ma chi vive di campi e pascoli sa bene che, tra un avviso e una graduatoria, l’estate passerà e i soldi resteranno sulla carta.

«Siamo molto soddisfatti dello sforzo fatto per raggiungere queste cifre», ha dichiarato l’assessore all’Agricoltura Gian Franco Satta, che ha messo l’accento sull’incremento delle somme rispetto agli anni precedenti. Una soddisfazione legittima, forse, se non fosse che si tratta pur sempre di rimborsi per animali morti. E per chi ha perso il proprio sostentamento, nessuna cifra pare mai congrua.

Non solo indennizzi, però. Il tavolo verde ha offerto anche l’occasione per aggiornare la solita contabilità di decreti, fondi europei, e pagamenti “in arrivo”. I numeri snocciolati sono da ragioneria di fine mese: 192 milioni di euro spesi per la domanda unica 2024, altri 35 milioni in arrivo entro giugno, 18 milioni già pagati a maggio per lo sviluppo rurale, otto dei quali destinati alle misure d’investimento. E una promessa: i bandi per le calamità del 2022 e 2023, finora ignorate, saranno finalmente pubblicati entro l’estate.

Si torna sempre lì: ritardi, procedure lente, promesse non mantenute. Lo ha detto anche lo stesso assessore, con una sincerità che fa più paura di tante omissioni: «I ritardi accumulati negli anni non consentono molti margini di manovra». Una dichiarazione che pesa, soprattutto se seguita da un’altra constatazione impietosa: i nuovi bandi PSR 2023-2027 non sono ancora usciti, nonostante siano passati due anni dall’inizio della nuova programmazione.

E così si resta aggrappati alla vecchia. In fretta e furia, si cercano domande di pagamento da istruire per chiudere questa tornata di fondi. Argea, l’altra grande agenzia agricola, invita tutti a “presentare quante più domande possibile”. Un appello che ha il tono di una corsa contro il tempo. E contro l’inefficienza.

Infine, ecco l’annuncio di riforma: una proposta di legge per riorganizzare le agenzie agricole e l’assessorato stesso, vent’anni dopo la loro nascita. “Occorre ripensare le mission”, dice Satta. Parole da manuale, ripetute in ogni cambio di stagione politica, che raramente portano a qualcosa. Anche perché, tra mission e riforme, i pastori continuano a fare i conti con una zootecnia che zoppica, un’amministrazione che ritarda, e un mercato che non perdona.

I soldi arriveranno? Forse. I bandi? Più avanti. La riforma? In discussione. I capi morti, però, sono già nei registri.

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