Un buon Cagliari cede solo al 95’ in casa dei Campioni d’Italia. Decisiva la rete di Anguissa

Cento giorni dopo (novantanove per la precisione), in una notte che il destino ha voluto ripercorre quasi fedelmente ripresentando il Cagliari come avversario, la storia va a passeggio tra 50.497 spettatori increduli: il quarto scudetto sta lì, sulle maglie, rievoca il 23 maggio, e Napoli scopre la sua nuova abbagliante dimensione, si stropiccia gli occhi gustandosi Kevin De Bruyne, aspetta Hojlund che intanto è atterrato a Ciampino e poi si accorge che per i campioni d’Italia non ci saranno red carpet e petali di rosa (ovviamente): 1-0 con il Cagliari, all’ultimo secondo, e non è un modo di dire, sull’ultimo pallone, ed è autenticamente vero, che Frank Anguissa trasforma in estasi allo stato puro. Il calcio dà e toglie e il Cagliari, splendido nella sua interpretazione non solo piena di dignità ma anche di idee, maledice il cronometro, benedetto una settimana prima con la Fiorentina. Conte la gioca con Spinazzola a sinistra (fuori Olivera), poi 4-1-4-1 con Lucca davanti e De Bruyne alle sue spalle, dentro meccanismi consolidati che per un tempo e nonostante il 63% di possesso non trovano spazi autentici per far male al Cagliari. Fabio Pisacane, napoletano emozionato, va allo scontro uomo contro uomo, quasi tutti dietro la linea della palla, vede i suoi non sbagliare una preventiva né un raddoppio, non rinuncia con Folorunsho a dar coraggio a Esposito, entra in area, fa venire la tremarella a Meret con il centravanti (servito da Deiola), poi con Prati (illuminato dal debuttante Palestra) e sparge credibilità tattica intorno al suo Cagliari. E’ un assedio Napoli, statisticamente, e ci sta, che però consegna a De Bruyne una volèe alta di poco e a Lucca una rasoiata per l’erba simil-verde del Maradona, prima che Caprile ci metta i pugni (45') sul solito McTominay, l’uomo del gol-scudetto. Non basta accerchiare il Cagliari, tenendolo nella sua trequarti, perché Caprile (60') è bravo sulla conclusione di Spinazzola e perché spazi non se ne scorgono. Guai concederne, poi, ovviamente: Luvumbo (dentro per Zappa) ha velleità dalla distanza non assistite dall’esito della conclusione, ma sono segnali. Il rischio cedimento viene avvertito da Pisacane (65': fuori Prati ed Esposito per Gaetano e Borrelli) e per resistere ad oltranza occorre freschezza. Il Napoli allarga il campo, va su Politano (sinistro alto, 70') ha un andamento troppo lento per spostare il Cagliari che impreca al vento per una chanches di Folorusho a 16' dalla fine. Il timer invita Conte a cambiare alla solita ora, dopo 75', Ambrosino per Lucca, dopo 80' Lang e Olivera per De Bruyne e Spinazzola che trasformano lo spartito: 4-3-3. A porta quasi vuota, su costruzione dal basso. Lang per poco non esalta il Maradona, disperato per il salvataggio di Mina. E che stavolta dovesse andare così, pareva scritto al 93' sul destro a botta sicura di McTominay, ancora lui, stavolta addosso a Caprile, e sulla rovesciata di McTominay, sempre lui, fuori di niente con Anguissa ad inveire, perché stava sulla traiettoria. Non è finita fin quando non è finita, lo sa anche Anguissa: dall’angolo, sponda di Buongiorno, manca un secondo, quanto basta al Napoli per far festa che Anguissa allestisce.

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