«I lavoratori dipendenti sardi guadagnano mediamente 19.850 euro l’anno, contro i 23.290 della media nazionale: un gap del 15% che continua a pesare sul tenore di vita delle famiglie». A denunciarlo è il segretario generale della Cisl Sardegna, Pier Luigi Ledda, che sollecita la Regione a inserire «interventi mirati già dalla prossima manovra di bilancio».
Il sindacato ha messo in evidenza non solo la distanza tra stipendi sardi e italiani, ma anche il rapporto con le pensioni. «Con una media di 19.690 euro, sono ormai quasi equivalenti ai redditi da lavoro dipendente. Questo paradosso segnala due aspetti: da un lato, le pensioni hanno garantito una relativa stabilità alle famiglie, soprattutto nei momenti di crisi, ma dall’altro evidenziano la debolezza del lavoro in Sardegna, che non sempre riesce a rappresentare un vero strumento di emancipazione sociale», osserva Ledda.
Il quadro generale mostra luci e ombre. Negli ultimi dieci anni il tasso di disoccupazione è sceso dal 19% all’11%, e il numero degli occupati ha superato le 592mila unità, con un incremento di 14mila persone in un anno. «Un progresso importante – sottolinea Ledda – che porta il tasso di occupazione al 57,7%, ma che lascia ancora l’Isola al di sotto della media nazionale, oggi superiore al 67%».
Anche i redditi dichiarati sono aumentati, ma la crescita non ha retto all’aumento del costo della vita. «Molte pensioni minime restano sotto i 700 euro al mese, e anche i salari bassi rischiano di non coprire le spese quotidiane, aggravando diseguaglianze già profonde», spiega la Cisl.
Per il sindacato non è più tempo di una «gestione ordinaria». Ledda chiede «un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile, con incentivi alle imprese che assumono stabilmente; il rafforzamento delle politiche attive del lavoro e della formazione; investimenti in infrastrutture materiali e digitali per superare l’isolamento dell’Isola; un sostegno alla contrattazione territoriale per agganciare la crescita salariale alla produttività».
Altro punto cruciale, l’uso dei fondi europei: «Devono essere vincolati a progetti in grado di creare occupazione stabile e duratura». Sul fronte sociale, Ledda indica una priorità chiara: «La tutela delle pensioni medio-basse, con interventi che salvaguardino il potere d’acquisto e rafforzino i servizi alla persona».