Il consumo di “crack” tra miti ed evidenze

  Già da un paio d’anni la polizia di Parigi, su decisione della Prefettura e del Ministero dell’Interno francese, ha costruito un muro nel nord-est della città per evitare il passaggio dei consumatori di crack dal quartiere cittadino di Porte de la Villette a Pantin, un comune confinante di circa 50 mila abitanti situato nel dipartimento della Senna-Saint-Denis. Questo ha determinato numerose reazioni. Più in generale, le critiche fatte anche dall’Osservatorio Francese sulle Droghe e sulla Dipendenza e dall’Istituto Nazionale per la Salute e la Ricerca Medica, hanno riguardato le modalità con cui da trent’anni si gestiscono le politiche contro la droga a Parigi: con lo spostamento del problema da un luogo all’altro, con interventi emergenziali e di ordine pubblico, con la criminalizzazione di chi ne fa uso e in assenza di un efficace piano strutturale. La cocaina è disponibile in Europa in due forme: cocaina cloridrato, polvere di cocaina (sniffata, ingerita, iniettata); e cocaina crack, che è stata trasformata in una forma a base libera utilizzando il cloridrato di cocaina come materiale di partenza (fumata, ingerita, iniettata) (Hatsukami & Fischman, 1996). 

  Come per altre sostanze illegali, il consumo di crack attraversa vari strati sociali ma è particolarmente associato a povertà, precarietà abitativa, carcerazioni e accesso e utilizzo limitato dei servizi sanitari e sociali (Harris, 2020). I consumatori di crack sono una popolazione ad alto rischio per la salute individuale e pubblica, ma non è chiaro se ciò sia dovuto all’uso della sostanza o alle caratteristiche e agli stili di vita dei consumatori. Infatti, i dati disponibili sugli esiti di salute associati al crack consistono prevalentemente in esiti secondari o incidentali di studi con altri focolai primari (Butler et al., 2017). Ad oggi, non esistono revisioni della Letteratura scientifica sulle attività di prevenzione e/o su interventi terapeutici specifici per l’uso di crack basati sull’evidenza. La carenza di trattamenti specifici e di servizi per la riduzione del danno aggrava l’emarginazione sociale dei consumatori (Fischer et al., 2015). Non vi sono stime affidabili sul consumo di crack nella popolazione generale (EMCDDA, 2019; Lu et al., 2001), in parte perché mancano studi di prevalenza, in parte perché tale sostanza non ha una sua specifica classificazione nel sistema internazionale delle malattie e dei disturbi mentali. Per quanto riguarda la popolazione di riferimento, mentre i locali per il consumo di sostanze a Parigi e Lisbona riferiscono che una parte significativa dei loro utenti con uso di crack lo inietta (EMCDDA, 2022), per alcuni Autori in Francia la diffusione del crack ha portato a un target di consumatori maggiormente integrati economicamente e socialmente, che alternano cocaina cloridrato e altri stimolanti (Jannsen et al., 2020). 

  Dai risultati delle ricerche condotte sul territorio della regione Emilia-Romagna e in Sicilia, si osserva un numero stabile ed elevato di persone con consumo problematico di crack, in aumento nei periodi di instabilità economica, di cui solo una minoranza si rivolge ai SerD. Molti fanno riferimento ai servizi territoriali di riduzione del danno e alle unità di strada. Emerge una specifica fascia sociale caratterizzata dalla povertà, all’interno della quale è possibile trovare non nativi, persone con bassa scolarità, con situazione abitativa precaria, in condizioni economiche disagiate, con problemi legali e carcerazioni pregresse. La presenza di un mercato consolidato, di particolari reti di vendita, di specifiche competenze per la produzione, di molteplici modalità e strumenti di consumo, unitamente a regole e motivi d’uso comuni tra i consumatori, ci inducono a ipotizzare la presenza di una singolare sottocultura del crack, da indagare in modo approfondito con specifici studi mirati. Questo numero di Medicina delle Dipendenze affronta il tema della fenomenologia del consumo di crack in Italia a partire dall’analisi della Letteratura scientifica e riportando i risultati di lavori di ricerca unitamente alle riflessioni dei lavoratori delle strutture pubbliche e private che operano nel territorio. Il mio contributo sull’epidemiologia del consumo di crack è strutturato in tre parti: analisi della Letteratura internazionale, stima della prevalenza d’uso nella popolazione generale, fenomenologia del consumo. 

  La parte relativa alla prevalenza d’uso si basa sui risultati di tre studi epidemiologici condotti nell’area metropolitana di Bologna (accessi ai SerD e ai reparti di Pronto Soccorso nell’area metropolitana di Bologna, stima del numero di consumatori problematici). Per quanto riguarda la fenomenologia del consumo, vengono riportati i dati di due ricerche qualitative (interviste agli operatori delle unità di strada della regione Emilia- Romagna, interviste in profondità a un campione teorico di consumatori di crack). Laura Mercolini esplora i principali aspetti di chimica farmaceutica e analisi farmacotossicologica delle diverse forme di cocaina e ne evidenzia le peculiarità. Giovanni Pioda si occupa di esaminare l’impatto della pandemia di COVID-19 sul fenomeno del consumo di crack/cocaina in Italia, concentrandosi sull’attività di contrasto delle forze di polizia. L’articolo propone alcune considerazioni sulla necessità di sviluppare ulteriormente le politiche di prevenzione per migliorare l’efficacia delle azioni di contrasto al fenomeno.

  Michele Sanza affronta il tema della psicopatologia del crack dal punto di vista sanitario e sociale e delle conseguenze comportamentali e neurobiologiche dell’uso cronico – ivi compresi i disturbi psichiatrici associati – con una particolare attenzione alle differenze di genere. Ernesto De Bernardis commenta i risultati di una indagine qualitativa online rivolta agli operatori dei servizi pubblici per le dipendenze patologiche e alle comunità terapeutiche della Sicilia, per fotografare opinioni, prassi empiriche e bisogni in merito al trattamento delle persone che fanno uso di crack. Gli ultimi tre lavori affrontano il tema della riduzione del danno (Luana Oddi), dei trattamenti psicologici per consumatori di crack (Elisa Zamagni) e di come si articola l’intervento dell’unità di strada di Bologna su questa specifica popolazione (Francesca Di Corpo).

Salute

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