Nelle case di una volta i vetri delle finestre erano tenuti a mastice e quello che oggi si chiama isolamento
termico non era neanche un optional, non esisteva e basta! Per cui a ogni spiffero, ssssfffiiiiiiii, ssssfffiiiiiiii,
ma tremoleva con la folla de l’arbre e mi tiravo la coperta come se dovessi nascondermi, o proteggermi. Se
fuori il vento imperversava la situazione si faceva ancora più spaventosa, perché gli spifferi passavano e
fischiavano anche dalla porta, sssffiiiiiii,ssssfffiiiiiiiii, e una banda de animas veniva a manjar en casa mia!
Per me quelle anime erano come il fantasma Belfagor, avevo paura che potessero fare del male a me e alla
mia famiglia. Oh ma, no has posat la forchetta.
No sa posa, que l’anima si la pren ta punxa. Andiamo bene!
Oh ma, non has posat lo rasor. No sa posa, que l’anima si pren lo rasor ta pot matà. Un incubo, tutta la
notte senza tancar un ull, terrorizzato da ogni rumore, anche dal vento che fischiava minaccioso dalle
finestre e che, in altre situazioni, invece mi conciliava il sonno. Se qualcuno sta pensando che io abitassi in
una casa di matti o abitata da fantasmi si sbaglia. Molto più semplicemente era la notte che introduceva lo
dia dels morts, e solo io so cosa vuol dire stare in un lettino a due passi dal tavolo apparecchiato per les
animas dels morts, tutta gente di famiglia passata a miglior vita, che io non ho mai conosciuto, se non in
versione ghost, e perciò più minacciosa. Mia sorellina dormiva nel lettone dei miei genitori, e vi posso
garantire che dopo una serie di ssssffffiiiiii la tentazione era quella di abbandonare il lettino e conquistare
anch’io il lettone.
Questo se non mi sentissi com de pedra, impietrito dalla paura. Tutto cominciava dopo
cena, e con mia sorpresa vedevo che sul fornello si riscaldava dell’acqua. Non era una cosa che capitava
tutti i giorni, anzi non capitava mai, per cui la mia mente di certo non immaginava che si stava preparando
una pasta in bianco, ma di pasta in bianco si trattava. Los morts menjan sol en blanc! Lo sottolineava mia
mamma e per me, se la cosa fosse vera, un motivo in più per non morire. Quindi si apparecchiava
nuovamente il tavolo: la pasta fumante, il bicchiere, la bottiglia d’acqua. Due sono le cose, e questo potevo
intuirlo da me: le anime o sono astemie o lo vì a la botighetta. Oh ma, ma com fa lo mort a entrar se no tè
la clau? Qui obri? Non ni ha manastè, lo mort passa tambè de la paret. Non so se avete colto: l’anima del
morto entra a casa mia senza chiedere il permesso, attraversa i muri e nessun ostacolo può fermarla.
Ma’…Diuma… e la carn? No, carn no, al mort la carn no agrada. Se la cosa fosse vera, per me un altro
motivo in più per non morire! Però c’era la frutta, quella fresca con l’immancabile melograno e quella
secca. Oh ma, com fa lo mort a obrir la nou? Oh ma, com fa lo mort a sa despoligar la poma? Oh ma tu las
vist un mort che menja? Qui veu lo mort que ve a manjar mori. Guai se ta trobe despert! Tutto detto: ero
sveglio e dovevo far finta di dormire. Sssssssffffiiiii, sentivo l’anima entrare a casa mia ma non potevo alzare
la coperta perché sarei morto dallo spavento, solo a vederla. E non è finita: dovevo augurarmi che alle
anime dei miei antenati non piacessero i dolci.
La tavola infatti abbondava de piriquitos, pabassinos,
besquits… Oppure mi dovevo augurare che non avessero tanta fame, che prima di giungere a casa mia
avessero già riempito lo stomaco in altre tavole di altri parenti. Se non l’avete capito il mio obiettivo erano i
dolci, e mai e poi mai avrei voluto dividerli con uno vivo, figuriamoci con il morto! All’epoca di cui scrivo
avevamo si la televisiò ma era la nit dels morts e bisognava fare lutto, quindi neanche la soddisfazione di
vedere Carosello, niente, la televisiò teniva de restar tancada. Non so voi, però a me questi morti, anche se
erano anime di parenti, cominciavano a essere un po’ indigesti e pure antipatici. Considerato comunque
che mia madre non mi lasciava alcuno spazio, provai con mio babbo. Oh ba, quant s’en vanan los morts?
Giran sol de nit, al maitì no i son mes! Quindi la mia personale lotta contro les animas durava una notte
intera, lunghissima, nera nera, percosa les animas no tenen orario. Coperto dalla testa ai piedi pensavo: u
vè, menja e s’en va! Cosa e fanan tota la nit en casa mia los morts? Bau bau bau, bau bau bau, bastava
l’abbaiare di un cane che già il respiro si faceva affannoso, come se quel cane stesse inseguendo proprio il
sottoscritto. Mi chiedevo se i cani per caso sentissero l’odore delle anime, perché se così fosse allora erano
vicine a casa mia, ormai ero circondato.
E se invece era l’anima del cutxo? Cominciai a correre, a correre, a
correre, e il cane che ormai quasi mi aveva raggiunto, e dietro al cane tutte le anime sdentate dei morti,
con gli occhi incavati, urlanti, un po’ gobbose, pallide come la farina. Ormai stanco caddi per terra e quel
cane inferocito cominciò a ringhiarmi a un centimetro dal mio volto, i denti appuntiti come spade, la bava
che mi gocciolava addosso. Oh maaaaa, urlai, Oh maaaa…. Ma la voce non usciva e già le anime fevan roru
e chi tifavano? Per il cane! Oh maaaa….urlai più forte ma dalla gola uscì come un soffio, un rantolo, ero in
pericolo. Il cane aprì la bocca e addentò il mio braccio, nell’estremo mio tentativo di difendermi dalla
bestia. Mi ritrovai con mia mamma che tentava di calmarmi, completamente scoperto e agitato, fred con
un bocì de guiatxo, alla ricerca del braccio come se quel cane malefico me lo avesse staccato. Estava
somiant, ma era tutto così vero que se ma punxavan no eixiva sang! Ma ta ses assustat? Vul veura a tu se ta
segui un cutxo! Era un somio, ves e menja que ta passa.
Le anime erano tutte andate via, come dissolte alla luce del nuovo giorno, e io cercai consolazione tra i
dolci, che per sfuggire al cane avevo corso così tanto da avere una fame da lupo! Giusto per restare in
tema.
Chiudo con una breve nota legata al mio ex mestiere: sin dai tempi più remoti, in forme e modi diversi,
l’uomo attraverso i sogni ha immaginato l’esistenza di due mondi, uno terreno e uno non terreno abitato
dagli spiriti dei defunti. Spiriti buoni, quelli dei nostri antenati, spiriti del male, quelli dei nostri nemici. Con i
primi si cercava un contatto, e non raramente ci si drogava per andare in trans, perché tutto fosse più vero.
I prenuragici portavano il cibo nelle tombe, mangiavano insieme agli spiriti degli antenati, chiedevano il loro
consiglio. La notte dei morti dimostra, se ve ne fosse ancora bisogno, che le vecchie religioni non muoiono
ma arrivano sino ai nostri giorni nella superstizione o, attraverso un sofisticato processo di inclusione, nella
nuova religione. Mai e poi mai, però, potrei spiegare una cosa del genere a mia madre, che molto
semplicemente mi direbbe tu ses tot xemo, vès i curata! Per cui già so che en casa de la mama, anche
quest’anno, ne la nit dels morts, ci sarà una tavola apparecchiata e l’ospite più gradito sarà l’anima di mio
padre.