Il problema, stavolta, non è solo il vento che tira. Ma chi lo intercetta, lo incanala, lo trasforma in affari. Il 6 agosto 2025 il Gruppo d’Intervento Giuridico ha presentato un atto di intervento contro l’ennesimo progetto di centrale eolica nei territori di Pattada e Buddusò, tra Goceano e Gallura. La proposta arriva da Ame Energy s.r.l., società milanese pronta a piantare 26 aerogeneratori alti fino a 200 metri, con una potenza nominale complessiva di 171,6 MW.
L’ennesima selva di pale, cavidotti, stazioni elettriche e sbancamenti in una terra che, se non viene ancora riconosciuta per la bellezza dei suoi paesaggi, rischia di essere ricordata come discarica d’Europa per impianti energetici industriali.
Nel progetto – presentato senza tener conto, per legge, degli impatti cumulativi di impianti analoghi già autorizzati nella zona – si legge di lavori invasivi in aree vincolate per paesaggio e cultura. Fra i beni protetti figurano il Nuraghe Lerno, il Nuraghe Pira, il centro storico di Buddusò, macchia mediterranea e corsi d’acqua. Ma il progetto va avanti come se nulla fosse. E non c’è nemmeno una fideiussione a copertura dei possibili danni ambientali.
Il GrIG ha chiesto il diniego formale al Ministero dell’Ambiente e ha informato le Soprintendenze, la Regione, il Ministero della Cultura e i Comuni. Motivo? Oltre ai vincoli ambientali, molti dei terreni interessati rientrano nel demanio civico, con diritti inalienabili degli abitanti. Diritti che, sulla carta, non possono essere alienati. Ma qui si rischia di buttar via la carta, i diritti e pure gli abitanti.
Il sospetto, nemmeno troppo velato, è che dietro il velo verde delle rinnovabili si nasconda la vecchia speculazione. Quella che non conosce tetti, limiti o confini.
Del resto, i numeri parlano chiaro: in Sardegna sono state presentate 695 istanze per nuovi impianti (per 50,14 GW di potenza), contro gli attuali 1,93 GW già installati. Significa quasi 26 volte di più. E l’isola già oggi produce il 38% in più rispetto al proprio fabbisogno. Dove dovrebbe andare tutta questa energia? Non certo nella bolletta del cittadino, se non sotto forma di costi.
Sì, perché i kilowatt in eccesso non potranno essere trasportati: anche con il Thyrrenian Link, la capacità di connessione sarà di appena 2 mila MW. Il resto? O si disperde, o si paga. E la paga, manco a dirlo, la comunità. Terna, gestore della rete, continuerà a pagare gli impianti per produrre anche quando nessuno consumerà. E chi paga Terna? Noi. In bolletta.
Nel frattempo, l’Europa ha approvato 35,3 miliardi di aiuti di Stato per nuovi impianti rinnovabili: centrali che immetteranno 4.590 MW con tecnologie “non ancora mature”. Tradotto: sperimentazioni industriali con soldi pubblici, cioè nostri.
Ma davvero non ci sono alternative? Altroché. L’ISPRA ha calcolato che sarebbe possibile ottenere tra 70 e 92 GW semplicemente sfruttando i tetti degli edifici esistenti. Senza devastare un solo prato. Senza sfigurare un paesaggio. Senza calpestare un nuraghe. Anche i parcheggi, le aree industriali dismesse, le superfici impermeabilizzate potrebbero essere impiegate con meno impatto e più logica.
E invece no: l’energia rinnovabile è diventata il nuovo El Dorado dei profittatori. Altro che transizione. Qui siamo al salto mortale con atterraggio su fondi pubblici e danni privati.
Lo scrive nero su bianco anche la Soprintendenza speciale per il PNRR: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030”.
Siamo alla sostituzione paesaggistica, alla sostituzione identitaria. In pratica, alla sostituzione della Sardegna con qualcosa che Sardegna non è più.
E questo non vale solo per l’Isola: la febbre dell’eolico e del fotovoltaico industriale ha colpito anche la Tuscia, la Maremma, la Puglia, la Sicilia e l’Appennino. Si corre senza sapere dove, si pianta senza sapere cosa crescerà, si produce senza sapere a chi servirà.
È il caso di chiederselo: serve davvero tutto questo? O serve solo a qualcuno?
Il GrIG ha lanciato una petizione popolare dal titolo inequivocabile: “Sì all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica”. La si può firmare qui, e sono già oltre 22 mila ad averlo fatto.
Non si tratta di essere contro il futuro. Si tratta di decidere che tipo di futuro vogliamo. E se sarà ancora possibile chiamarlo “nostro”.
Perché quando il paesaggio lo decora il vento, allora vuol dire che il padrone è il silenzio. Quando lo decorano le pale, il padrone è qualcun altro.
E il vento, si sa, non paga bollette. Gli speculatori sì. Con i nostri soldi.