Una donna, incinta di alcuni mesi, chiusa in casa dal compagno e terrorizzata. È accaduto domenica sera nel centro storico di Sassari, dove i Carabinieri della Sezione Radiomobile sono intervenuti dopo la segnalazione di un’amica della vittima. La giovane era riuscita a chiedere aiuto con una telefonata, mentre l’uomo – in preda a un raptus di violenza – le impediva di uscire dalla stanza in cui si era rifugiata.
I militari, arrivati in pochi minuti, hanno trovato la porta sbarrata e il silenzio pesante di chi teme per la propria vita. Una volta entrati, hanno bloccato l’aggressore e liberato la donna, visibilmente provata. È stata accompagnata all’ospedale Santissima Annunziata per le cure e poi trasferita in una struttura protetta, dove riceverà assistenza e sostegno psicologico.
L’uomo, arrestato in flagranza, è stato portato nel carcere di Bancali su disposizione della Procura della Repubblica di Sassari, che coordina le indagini. Resta in attesa dell’udienza di convalida.
Vale, naturalmente, il principio della presunzione d’innocenza, fino a eventuale sentenza definitiva.
La vicenda, per quanto drammatica, riporta al centro una verità spesso ignorata: la violenza domestica non è solo un fatto privato, ma una questione di civiltà. E quando una donna trova la forza di chiedere aiuto, la differenza tra tragedia e salvezza la fanno minuti, e la prontezza dei Carabinieri che da anni restano in prima linea.
Certe storie non dovrebbero mai accadere. Ma se accadono, almeno qualcuno risponde al telefono.