Ad Oristano il mare non è solo orizzonte: è economia, lavoro, e soprattutto fiducia. Da oggi anche un po’ più controllata. La Capitaneria di Porto e la Asl n.5 hanno firmato un protocollo operativo per potenziare i controlli sulla filiera ittica, settore che in questa provincia è tanto vitale quanto delicato.
Il documento porta la firma del comandante Andrea Chirizzi e del commissario straordinario Federico Argiolas, e arriva dopo anni di collaborazione tra Guardia Costiera e Servizio Igiene Alimenti di Origine Animale. Una cooperazione fatta di sopralluoghi, censimenti dei punti di sbarco e registrazioni delle unità di pesca come operatori del settore alimentare. In altre parole: si sta finalmente mettendo ordine nel mondo del pescato, dal mare alla tavola.
Dietro le sigle e le buone intenzioni, il significato è semplice: garantire che ciò che finisce nel piatto del consumatore sia tracciato e sicuro. La tracciabilità, concetto spesso confinato nei manuali europei, qui diventa pratica quotidiana. Significa sapere dove, quando e da chi è stato pescato un prodotto. Perché un’orata senza origine certa può nascondere più insidie di quanto suggerisca il suo aspetto innocente.
La Guardia Costiera, con l’approvazione della Direzione Marittima di Cagliari, conferma così il proprio ruolo non solo di controllo, ma anche di tutela della salute pubblica. È un passo che unisce sicurezza alimentare e legalità: due facce della stessa rete.
La Asl di Oristano, dal canto suo, punta sulla filosofia “One Health”, un approccio moderno che lega la salute umana a quella animale e dell’ambiente. Non uno slogan, ma una visione che ricorda come la catena alimentare sia un equilibrio fragile: se si spezza in mare, finisce per colpire anche a terra.
In sostanza, questo protocollo è un patto di civiltà tra chi il pesce lo pesca e chi lo controlla. Perché il mare, si sa, dà tanto. Ma solo se lo si tratta con rispetto — e con un po’ di burocrazia ben fatta, che in certi casi fa più bene del sale.