Barbagia: la sanità a metà e la pazienza finita

In Barbagia, la sanità è diventata come l’acqua nei rubinetti d’estate: c’è, ma solo a ore. Il caso dell’elisoccorso di Sorgono lo racconta meglio di qualunque discorso da conferenza stampa. Annunciato come presidio H24, oggi funziona H12. Tradotto: se ti prende un infarto alle tre del mattino, spera che sia un errore di orologio.

È tutto scritto in una lettera firmata da Pina Cui, referente di un gruppo civico di Gadoni, indirizzata al ministro Orazio Schillaci, alla presidente Alessandra Todde e all’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi. Il tono non è quello della diplomazia, ma della sopravvivenza: “Mentre voi annunciate, noi viviamo in corsia”, scrive. E in corsia, racconta, i turni saltano, i reparti si svuotano e le promesse evaporano come aerosol al sole.

Il documento parla chiaro. Ad Aritzo, la guardia medica copre tre paesi — Aritzo, Belvì, Gadoni — ma spesso resta scoperta. Il 118 non sempre ha un medico a bordo. Il pediatra, ironizza la lettera, “è diventato una creatura leggendaria: se lo vedete, fate una foto, vale più di quella con Babbo Natale”.

E non va meglio a Nuoro, dove la missiva punta il dito sul reparto di Oncologia e sul Pronto soccorso del San Francesco. Domande secche, senza veli: “Funziona? È efficiente o ha il volto dell’attesa e della frustrazione?”. Anche la diabetologia, spostata nel vecchio ospedale, viene messa sotto esame: i locali sono adeguati? Le sale d’attesa sono confortevoli?

La stoccata più dura arriva alla politica. “Non ci servono le visite con le camicie stirate, ci serve la presenza istituzionale fatta di atti, risorse, personale”, scrive Cui. E ancora: “Se pensate che basti un elicottero in foto per coprire un territorio, venite in Barbagia, simulate un infarto alle tre di notte e aspettate fiduciosi l’H12”.

Dietro l’ironia amara, c’è la sostanza: una terra dimenticata, dove la distanza tra gli annunci e i fatti si misura in chilometri di solitudine. Questa volta la Barbagia non chiede miracoli, ma rispetto. E il rispetto — ricorda la lettera — non si proclama, si dimostra. “Noi continueremo a fare ciò che voi non fate: esserci.” Una frase che vale più di mille piani sanitari, e che suona come l’ultimo avviso a chi governa: in montagna, le parole non bastano più.

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