Uta, Sa Spindula. Lo hanno trovato ieri, un maschio di cervo sardo, quattro o cinque anni. Non era caduto in una lotta, non era stato vinto dalla fame o dalla natura. Era stato colpito da un fucile, da una cartuccia spezzata. Un bracconiere – li chiamano così, con un termine elegante, come se la parola non puzzasse di sangue. La verità è che si tratta di assassini.
Il Corpo Forestale di Uta è arrivato per primo. L’animale era a terra, agonizzante. Poi il veterinario Nicola Maggio, che lo ha sedato per tentare un trasporto senza ulteriori torture. Lo hanno caricato, lo hanno portato al Centro di Recupero di Monastir. Un viaggio inutile: il cervo era già condannato.
Le ferite erano troppo gravi. Non muoveva più le zampe posteriori. I medici e i tecnici di Forestas hanno provato tutto. Ma al pomeriggio il cervo è morto. È morto senza poter chiedere giustizia.
Adesso la Forestale apre le indagini. Si cercheranno i colpevoli, ci saranno verbali, ci sarà un processo forse. Ma intanto un animale simbolo della Sardegna è stato abbattuto per divertimento, per brama, per quella malattia antica che chiamiamo caccia illegale e che altro non è che barbarie.