Una recinzione da cantiere, quattro sale operatorie mai partite, un progetto esecutivo che ancora non si vede, un cronoprogramma che esiste solo nelle intenzioni. Al Presidio Oncologico Businco il tempo scorre come sabbia tra le dita e chi ne paga il prezzo non sono gli amministratori, ma i pazienti. Malati oncologici, donne e uomini che non possono permettersi l’attesa. E Gianfranco Angioni, dell’USB Sanità, non usa mezzi termini: «Ogni giorno sprecato è un giorno di vita in meno per i pazienti malati di cancro: chi pagherà per questo disastro?»
Sono passati due mesi dalla chiusura delle Sale Operatorie A e B del Businco e ancora non c’è nulla di concreto. L’ospedale è circondato da una recinzione che più che segno di lavori in corso è il simbolo plastico dell’inazione. Doveva essere l’inizio della rinascita, con la realizzazione di quattro nuove sale operatorie. Ma al momento resta solo il trasferimento dei pazienti al San Michele, un presidio già sovraccarico, che ora deve assorbire anche il peso dell’oncologia.
«Non era difficile prevedere il fallimento di questo progetto di trasferimento», tuona Angioni. E i dati, dice, parlano chiaro: interventi chirurgici oncologici ridotti, tempi di attesa più lunghi, personale all’osso. Un ospedale in agonia, senza un vero piano di salvataggio. Persino le sale operatorie prefabbricate, che potevano tamponare l’emergenza, sono rimaste sulla carta.
«La chiusura delle sale operatorie non avrebbe dovuto avvenire prima della realizzazione di altre due sale», afferma Angioni, puntando il dito contro chi ha deciso di agire senza un piano concreto. Il secondo piano del Businco, aggiunge, è «ormai totalmente abbandonato».
Non bastano più le promesse né i fondi PNRR sbandierati. Serve un atto di responsabilità. «Invitiamo la nuova Amministrazione del Brotzu ad assumere la responsabilità di questa problematica – conclude Angioni – e a garantire che ogni giorno sprecato, come questi ultimi due mesi, possa trasformarsi in un giorno di speranza e vita per i pazienti oncologici».
In una sanità regionale dove i simboli contano, la rete che circonda il Businco ha assunto ormai la forma di un’epigrafe. Sta ora alla politica decidere se cancellarla o lasciarla lì, come monumento all’inerzia.