Non è mai semplice raccontare Mont’e Prama senza cadere nella retorica del mistero. Quei giganti di pietra, emersi quasi per caso nel 1974, hanno saputo più volte ribaltare teorie e certezze sull’antica civiltà nuragica. Eppure, oggi, un’altra scoperta rischia di rimettere tutto in discussione.
Il professor Gaetano Ranieri, ingegnere e geofisico, ha deciso di rompere un lungo silenzio: sotto lo Stagno di Cabras, a undici metri di profondità, ci sarebbero sei nuraghi praticamente integri. Non rovine, non frammenti, ma strutture complete, con tanto di cupola e guglie. «Dal mio punto di vista – spiega Ranieri – sono letture inequivocabili, e ho tutte le coordinate per indicare dove si trovano». Parole che suonano come una rivelazione, ma anche come una sfida.
Perché, se confermata, questa scoperta riscriverebbe la storia stessa della civiltà nuragica. I modelli di nuraghe ritrovati a Mont’e Prama, considerati per decenni opere di fantasia o di imitazione, potrebbero essere ritratti fedeli di strutture reali, vicinissime al sito archeologico.
Da qui, una teoria affascinante: lo Stagno di Cabras, oggi placido specchio d’acqua salmastra, un tempo non era affatto uno stagno.
La scienza, però, cammina lenta, soprattutto quando si tratta di archeologia. «Ci sono voluti quarant’anni per ottenere i fondi necessari a scavare un fazzoletto di terra», ricorda Ranieri. Figurarsi pensare a un gigantesco dragaggio o a una campagna di scavi sottomarini. E poi c’è il nodo della divulgazione: i dati raccolti dai suoi strumenti sono al sicuro, ma Ranieri non sembra intenzionato, almeno per ora, a condividerli.
Certo è che le sue dichiarazioni hanno già riacceso le polemiche tra studiosi. Da un lato chi grida alla prudenza, dall’altro chi vorrebbe subito verificare sul campo. In mezzo, il fascino di un enigma che sembra destinato a resistere ancora a lungo. Perché Mont’e Prama, si sa, non è mai solo un luogo di pietre. È una sfida, una porta aperta sul passato che non smette di far discutere.
Per ora, lo Stagno di Cabras continua a custodire il suo segreto. Forse, tra qualche anno, sapremo se quei nuraghi sommersi sono davvero la chiave per comprendere meglio una civiltà che non smette di sorprendere. Ma il tempo, si sa, è una variabile che la storia non teme. E nemmeno Mont’e Prama.