La decisione del Governo di procedere con la privatizzazione di Poste Italiane Spa solleva serie preoccupazioni tra i sindacati regionali Slp-Cisl, Slc-Cgil, Uilposte in Sardegna. L'operazione, dettagliata in un testo parlamentare, prevede la vendita sul mercato di una quota del 29% delle azioni, lasciando allo Stato una partecipazione non inferiore al 35%. Questo processo, valutato 1,5 miliardi di euro, potrebbe portare alla chiusura di numerosi uffici postali nei piccoli centri dell'isola, sottraendo ai residenti servizi essenziali.
I sindacati evidenziano come la privatizzazione, oltre a privare le comunità di servizi fondamentali, rischi di impoverire ulteriormente il tessuto sociale ed economico della regione già in difficoltà. La critica mossa dai sindacalisti Bruno Brandano (Cisl), Gianna Cossu (Cgil) e Alessandro Perra (Uil) è che questa mossa servirebbe esclusivamente a "fare cassa" da parte del governo, senza affrontare in modo efficace il problema dell'enorme debito pubblico italiano.
L'allarme lanciato richiede una mobilitazione di utenti e comuni per difendere quello che viene descritto come "l'ultimo baluardo dello Stato" nelle piccole realtà locali, sottolineando l'importanza dei servizi postali per il mantenimento della coesione sociale nelle comunità meno popolate. La battaglia annunciata dai sindacati si prefigge di preservare un servizio essenziale, garantendo continuità e accessibilità a tutti i cittadini della Sardegna, specialmente in quelle aree dove Poste Italiane rappresenta spesso l'unico punto di riferimento per servizi di comunicazione e finanziari.